Stretto tra quello di Venezia e, dal 2006, quello di Roma, il festival di Torino è riuscito a diventare nei 29 anni della sua lunga carriera un punto di riferimento per i cinefili e per gli organizzatori di eventi culturali e cinematografici in Italia. Perché è riuscito a catturare il cuore e il popolo di una città come Torino, ora la principale sede di offerta culturale d’Italia, e perché ha saputo creare un seguito di appassionati che apprezzano le scelte cinematografiche volte alla qualità, alla scoperta e alla ricerca senza significare una limitazione a un pubblico d’élite.
E’ da sempre questa la missione del direttore Gianni Amelio e del vice-direttore Emanuela Martini, confermata dal programma del 29 festival, che si svolgerà dal 25 novembre al 3 dicembre: a cominciare dal concorso, da sempre aperto a registi esordienti o quasi (fino all’opera terza) proprio a segnare uno smarcamento dalle tradizioni glamour dei festival più importanti. A contendersi il primo premio 16 film: due italiani, I più grandi di tutti di Carlo Virzì e Ulidi piccola mia di Mateo Zoni, e un bel giro del mondo, dall’America di 50/50 di Jonathan Levine (cancro e amicizia) e Win Win di Thomas McCarthy all’Islanda di Either Way, dalla Gran Bretagna di Attack the Block (fantascienza adolescenziale soffiata da Amelio al festival di Roma) alla Corea del Sud di A confession, fino all’Indonesia del violento action-movie The Raid di Gareth Huw Evans.
Ovviamente il succo più prelibato del festival sta nella sezione Festa Mobile, che raggruppa tutto ciò che non ci può stare nel concorso e molto di più: a partire dal Gran Premio Torino (riconoscimento dato a un autore che ha cambiato il linguaggio del cinema) ad Aki Kaurismaki che porterà il suo nuovo Miracolo a Le Havre, per proseguire con la sezione Figure nel paesaggio riservata ai film di finzione che vede tra i molti il film d’apertura L’arte di vincere (Moneyball) di Bennett Miller con Brad Pitt e quello di chiusura Albert Nobbs di Rodrigo Garcìa con Glenn Close in panni maschili, il musical Les Bien-aimés di Christophe Honoré, Il corpo del duce di Fabrizio Laurenti e l’affine Il sorriso del capo di Marco Bechis entrambi sul consenso e la dittatura, The Descendants di Alexander Payne, il mockumentary L’era legale di Enrico Caria, Il giorno in più di Massimo Venier scritto e interpretato da Fabio Volo, La guerre est déclarée di Valerie Donzelli probabile candidato agli Oscar, il bellissimo Midnight in Paris di Woody Allen e Pater di Alain Cavalier sul rapporto tra cinema e politica.
La parte Paesaggio con figure (i documentari) ha invece come fiori all’occhiello George Harrison: Living in the Material World di Martin Scorsese, Into the Abyss (sulla pena di morte) di Werner Herzog, il trittico Jeonju Digital Project 2011 di Straub, Denis e Guerin, Joann Sfar di Mathieu Amalric, Tatsumi di Eric Khoo. Due le sezioni monografiche: Rapporto confidenziale, che mira a far scoprire talenti emergenti, e che quest’anno è dedicata al giapponese Sion Sono (in concorso all’ultima mostra di Venezia con Himizu), e la retrospettiva dedicata a Robert Altman di cui verranno proposti non solo tutti i film, ma anche le opere televisive (dagli episodi seriali ai progetti personali) e i documentari industriali.
La zona sperimentale del festival, Onde, invece regala emozioni e ricerche al pubblico più curioso del festival: da segnalare Hanezu no tsuki di Naomi Kawase, Sleepless Night Stories di Jonas Mekas e l’omaggio a Eugéne Green. Dedicata al cinema del reale in Italia, Italiana.doc presenta 13 documentari nostrani tra cui vale la pena citare (S)comparse di Antonio Tibaldi e Inconscio italiano di Luca Guadagnino. Oltre ai premi ufficiali assegnati dalla giuria guidata da Jerry Shatzberg (Lo spaventapasseri), saranno assegnati premi anche al miglior documentario internazionale e il premio Cipputi (assegnato da una giuria presieduta ovviamente da Altan) per il miglior film con tema il lavoro.
E poi molti omaggi collaterali: la sezione Figli e amanti, in cui nomi noti del nostro cinema presentano i loro film preferiti (Kim Rossi Stuart con mamma Roma di Pasolini, Ascanio Celestini con Allonsanfan dei Taviani, Michele Placido col Tetto di De Sica e altri); la sezione Cinema e cinemi sui film a tema meta-linguistico come Mannequin di Schatzberg o l’inedito Italiani all’opera! di Brogi Taviani; e un omaggio a Dorian Gray, l’attrice scomparsa a febbraio e interprete di Il grido di Antonioni e Il mattatore di Dino Risi. 217 film per ogni gusto, ma soprattutto per chi ha voglia d’immergersi nel cinema, nelle sue mille sfumature, nella sua contagiosa gioia cinefila. E tutto con un settimo circa del budget dello zoppicante festival di Roma. Non è polemica, ma riconoscimento professionale alla squadra di Gianni Amelio.