LORA NERA/ Catastrofi e alieni in un film costruito con “laccetta”

- Emanuele Lisi

Il film di Chris Gorak punta sugli effetti speciali e il 3D, ma i personaggi sono mal costruiti e in certi casi sembrano protagonisti di una parodia. La recensione di EMANUELE LISI

Ora_NeraR400 Una scena del film L'ora nera

Se cè un filone cinematografico di cui gli americani sembrano non stancarsi mai, soprattutto in tempi recenti, è quello delle invasioni aliene. Gli extraterrestri si manifestano nelle forme più diverse, sono in genere pericolosi e devastatori e vogliono defraudare la Terra delle sue ricchezze. Alcune volte vengono utilizzati per sperimentare nuovi linguaggi visivi o tentare delle riflessioni (vedi Super 8 di J.J. Abrams), altre per giocare con gli effetti speciali o ancora meglio attirare il pubblico giovane, magari piazzando il solito, inutile 3D.

Purtroppo, Lora nera, il film di Chris Gorak appartiene allultima categoria. Lazione si svolge a Mosca, dove i giovani amici Sean (Emile Hirsch) e Ben (Max Minghella), aspiranti imprenditori, sono arrivati dagli Stati Uniti sperando di concludere un affare, sfumato il quale si consolano con una bevuta notturna in un locale alla moda. La trasferta sembra prendere una piega interessante grazie allincontro con due attraenti coetanee americane, Natalie (Olivia Thirlby) e Anne (Rachael Taylor), ma un improvviso black-out è il preludio di un incubo.

La città è invasa da strani fasci di luce che si rivelano presto fatali: sono attirati dalla carica elettrica di cui ogni individuo è portatore, e disintegrano allistante chiunque trovino sulla loro strada. In poche ore la città russa è trasformata in uno scenario apocalittico e desolato, e i quattro ragazzi devono trovare il modo di salvarsi e fare ritorno a casa. Già production designer e art director di film come Minority Report, Gorak è dotato di indubbio talento per la rappresentazione visiva, ma senza il supporto di buone idee e di una sceneggiatura con un minimo di solidità, ciò non è sufficiente a reggere una pellicola.

Come spesso accade nei film catastrofici e negli horror indirizzati al pubblico più giovane, i personaggi sono tagliati con laccetta: mentre il protagonista è leroe che ha sempre la soluzione pronta e ogni volta sa inspiegabilmente qual è la cosa più giusta da fare, gli altri, in particolare le ragazze, sembrano personaggi di una parodia, per il loro fare sempre la scelta più lontana dalla logica, e dire solo idiozie.

Già il fatto che metà film si basi sullinsensata ricerca dellambasciata americana da parte dei sopravvissuti, in una città ridotta a un cumulo di macerie e senza forme di vita, è esplicativo. Stupendo anche il momento in cui loca del gruppo, alla profezia di unanziana Morirete tutti, esclama atterrita Oh, no!, quando morte e devastazione già da un bel po regnano sovrane.

Insomma, se un film privo di un briciolo di ironia più di una volta strappa risate involontariamente, non è un buon segno. Stupisce, e un po’ spiace, vedere sprecato in un progetto tanto insulso Emile Hirsch, che dopo Into the wild era entrato di diritto nella rosa degli attori più promettenti della sua generazione, ma non sembra stia mantenendo le promesse.

Le cose vanno meglio sul fronte del montaggio e degli effetti visivi, anche se la trovata dei bagliori di luce distruttivi da sola non basta per tenere vivo l’interesse fino alla fine, e il 3D si rivela ancora una volta di scarsissima efficacia. Alla fine del film, ciò che preoccupa di più è il finale aperto, che lascia intravvedere un possibile sequel.







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