Ballarò, puntata del 27 marzo 2012 – Nella puntata andata in onda ieri sera del talk show politico Ballarò, condotto come di consueto da Giovanni Floris, si è discusso di articolo 18, delle numerose critiche rivolte alle riforme proposte dal governo Monti, e di temi correlati a questi due aspetti. In studio sono presenti il presidente dellIdv Antonio Di Pietro, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl), gli economisti Carlo DellAringa e Marina Brogi, , il direttore de Il Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli (in collegamento) e la presidentessa dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. Inoltre, immancabili i sondaggi di Nando Pagnoncelli.
Partendo da un servizio che mostra l’alleggerimento delle buste paga dei cittadini, Floris comincia a intervistare Catricalà, chiedendogli se ritenga giusto questo incremento delle imposte. La sua risposta è solo una: “Abbiamo fatto una serie di riforme non facili, ma coerenti”. Di Pietro interviene subito: “Non si fa cassa sui cittadini, ma sui falsi in bilancio e sulle evasioni. E l’atteggiamento di Monti di minacciare l’abbandono è stato da saccente: a tutti gli effetti egli ha promesso delle cose e se ne stanno avverando altre. Lo spread è sempre quello, le imprese oneste chiudono, le buste paghe si assottigliano: si tratta dell’ennesima riforma che pesa sui cittadini. La Finocchiaro si rivolge allora a Di Pietro: “Mi colpisce che abbia già amnistiato il governo Berlusconi per schierarsi contro Monti. Non dimentichiamo che gli aumenti Iva vengono dal precedente governo”. Ma Di Pietro ci tiene a specificare: “Noi non siamo i nemici del governo di turno. Non si può accettare tutto solo se il nome è Monti: non c’è una patrimoniale, non si tassa quel che va tassato ma si prende dai pensionati. Non sono suo nemico, ma non condivido la sua politica per niente”. Lupi ha parole di rimprovero per l’ex magistrato: “Lei parla cosi perché è fatto di demagogia e vuole conquistare voti. Prima ha votato la fiducia a Monti, poi lo critica. Lei vuole solo vincere le sue battaglie, dei cittadini non gliene frega nulla”. De Bortoli invece, invita al dialogo il governo: “Manca un’iniezione di fiducia nei cittadini, dovete spiegargli meglio tutto”.
Come poi annuncia il conduttore, si parla dellarticolo 18 e delle modifiche apportate dal governo. Un video lo introduce, parlando di disoccupazione nei piccoli paesi. Si analizzano nuovi tipi di licenziamento da alcuni cartelli: a farlo è Carlo dell’Aringa, che fa notare come gran parte delle decisioni sia nelle mani dei giudici, che possono far reintegrare un lavoratore se è nel giusto. Ma Catricalà specifica: “Non è il giudice a decidere, i casi sono stati vagliati in accordo con i sindacati”. Di Pietro fa notare come l’articolo 18, come già detto ampiamente dalla Camusso, sia la minima parte del problema: “Il vero cruccio sono corruzione, burocrazia, mancanza di infrastrutture e sistema fiscale sbagliato. E Monti si è preoccupato solo di attirare investimenti da fuori garantendo un licenziamento agevole”. Catricalà dissente: “Se cosi fosse saremmo un governo di tiranni. Non dimenticate che stiamo convergendo sempre più verso un unico tipo di contratto a tempo indeterminato. Ma per farci fare questo, lasciateci garantire alle aziende il licenziamento senza dover subire ingiustizie”.
Negli ultimi minuti della trasmissione si parla invece di tasse, ma prima è in collegamento Joaquin Almunia Amann(commissario europeo alla concorrenza), il quale parla di “monotonia del lavoro mediocre”, che ha causato critiche a Monti in passato: “Ha ragione, il lavoro fisso è qualcosa che non vedremo più, bisogna abituarsi”. Si esprime a favore delle liberalizzazioni, e spiega che quanto fatto da Monti finora per lui è nella giusta direzione. Viene poi mostrato un video che parla di detrazioni fiscali: il commercialista Riccardo Losi mostra un quadro non del tutto rincuorante, che non fa altro che incitare all’evasione. La Brogi commenta il tutto: “E un quadro inquietante, bisogna cambiare mentalità”. A concludere la puntata, alcuni cartelli di Nando Pagnoncelli, che mostrano un giudizio positivo in calo verso il governo Monti, e una contrarietà alla riforma del lavoro.