lera Monti ci ha definitivamente allontanati dallattrattiva mediatica della politica. Lho capito stamattina, guardando quel bel programma giornaliero condotto su Raitre dal bravissimo Andrea Vianello che è Agorà. Fino a un anno fa mi appassionavano persino le capriole della politica di casa nostra in tv: oggi se Pierferdinando Casini domina la scena ragionando e spiegando, col suo vocione da comiziante sempre un po sopra le righe, comincio a sbadigliare. E lo capisco che questi professionisti altro non possono fare che parlare, incontrare, entrare e uscire dal parlamento, polemizzare, rintuzzare e sorridere; lo so che la lunga stagione della promessa alternativa al loro teatrino, come diceva B, ci ha deluso anche di più. Fatto sta che sono diventato un qualunquista mediatico della politica, preferisco una mostra, un film, uno spettacolo o un giallo al loro comunicare. Si vede che è un periodo così, mi passerà
Non passa invece la voglia di Raiuno di proporre, nei tempi forti dellanno, un prodotto sacro firmato Lux Vide. Ieri sera prima puntata di Maria di Nazaret, una coproduzione Rai Fiction, Lux Vide, BetaFilm, Tellux, Bayerischer Rundfunk e Telecinco Cinema (leggi Mediaset!). Il soggetto è di Francesco Arlanch che firma anche la sceneggiatura insieme al regista Giacomo Campiotti. Con Alissa Jung nei panni di Maria di Nazaret, Paz Vega in quelli di Maria Maddalena e Andreas Pietschmann, lo vedremo stasera, nel ruolo di Gesù. Arlanch e Campiotti hanno una mano leggera, discreta, nel ritornare alla Storia delle storie, non danno fiato alle trombe, non cavalcano la retorica, fanno recitare tutti con mano leggera. E se non riescono a uscire dai cliché nel rappresentare lAnnunciazione (ma hai voglia a dire come si poteva fare), ci hanno offerto una Natività del tutto insolita: silenziosa, solitaria, umilissima anche nella povertà dei mezzi usati e infine proprio per questo sconvolta dallarrivo di pastori travolgenti e indiscreti che si passano lun laltro il bimbo appena nato, presi come sono dallentusiasmo. Ormai, in queste sacre rappresentazioni generaliste, ti aggrappi allo stile complessivo e alle piccole invenzioni: poi ci pensano i milioni di telespettatori (7,1 ieri sera) e lo share raggiunto in tempi di crisi (25%) a dire lultima parola.
Però vi devo raccontare un particolare. Il regista Campiotti ha accettato di buon grado che il cartello finale dei credits del film fosse dedicato, dal produttore Luca Bernabei, a tutte le mamme. Bella lidea di dedicare questo film alle nostre mamme, a tutte le mamme – spiega nelle sue note di regia Campiotti – che hanno verso i figli un amore totale, incondizionato, che dona tutto senza chiedere nulla in cambio. Effettivamente è lunico amore umano che pallidamente può ricordare quello divino, che forse è proprio un riflesso dellAmore Divino. Vorrei allora ringraziare mia madre che tante volte è stata per me questo riflesso, e voglio ringraziare mia moglie e mamma dei miei due figli più piccoli per il continuo esempio di amore incondizionato e per essermi stata vicina in Tunisia in questa avventura e per essermi vicino in questa grande avventura che si chiama Vita.
Io, invece, con assoluta insensibilità, avevo twittato a caldo davanti al cartello:
Insolita nascita di Gesù, raccontata con mano lieve e misteriosa nella #Maria di Raiuno. Doppia narrazione con la storia della Maddalena
#Maria nel film Lux Vide abbraccia il figlio Gesù ragazzino e ne pre-vede la passione: idea. Ma la dedica finale alle mamme non ci voleva
Ma una follower mamma mi ha subito rintuzzato:
Elisabetta Nuovo @MaxBernardini mi ha commosso tanto shhhhhh buona notte
Insomma, della tv larga, popolare, a grandi numeri, bisogna sempre ricordarsi che ogni intenzione o scelta artistica è dominata dalla palpabile evidenza dell’emozione suscitata. Che frutti porti, poi è questione ancora più grande e complicata. Perché noi siamo di una razza diversa, semplice e complicata al tempo stesso. A noi Maria di Nazaret commuove quando mette in scena le parole del Magnificat, raccontato come una pièce teatrale casalinga agli astanti nella dimora di Elisabetta e Zaccaria. E siamo gli stessi che poche sere prima si commuovevano alla Scala per la musica (non certo per l’intricatissima vicenda) della Die Frau ohne Schatten, La Donna senz’ombra, di Richard Strauss al Teatro alla Scala, ritorno a quella che era stata, nell’86, la prima abbacinante scoperta del teatro musicale del grande compositore monacense. Quella volta il merito era stato di Wolfgang Sawallisch, stavolta la tenuta musicale perfetta era firmata dal giovane Marc Albrecht. Non sappiamo dirvi davvero perché, ma la sapienza orchestrale, la condotta vocale estrema che sfianca ogni cast, la modernità mai invasiva del novecento straussiano restano una certezza.
Dubbi invece, ma forse perché siamo degli inguaribili snob, ce li ha messi la popolarissima messa in scena de Le allegre comari di Winsdor di Shakespeare, capitanata da un grande Leo Gullotta-Falstaff, che abbiamo raggiunto al Teatro Alfieri di Torino. Edizione assolutamente pop, dicevamo, per il gusto di un pubblico da tutto esaurito, con un pupazzone della barocca Queen Elizabeth a mò di scenografia e però una compagnia tutta, fra giovani e maturi interpreti, di sicuro mestiere e professionalità. Insomma, non teatro di regia innovativo, ma teatro a grande fruibilità popolare, col popolare Leo stravolto in ciccione grazie a pesantissimi lattici e costumi.
Teatro per la gente, per farla ridere e un po’ anche pensare, come ci ha detto Gullotta in uno squisito dopo teatro torinese che ce lo ha fatto amare ancora di più. Un uomo squisito, ospitale, d’altri tempi. Un teatrante solitario e molto per bene.