Riassunto Presa diretta Speciale Libia del 2 aprile 2012 – La puntata andata in onda ieri sera di Presa Diretta si è occupata della Libia, in una puntata speciale dedicata all’approfondimento della situazione ad un anno dalla rivoluzione. L’Italia al momento dello scoppio della guerra era il primo partner commerciale della Libia, ma investimenti nello stato nord africano li avevano anche l’Inghilterra e la Germania. Si parla di centinaia di miliardi investiti ogni anno. Alberto Negri, inviato del Sole 24 Ore, dice che bisogna capire perché questi partner economici abbiano deciso ad un certo punto di bombardare Gheddafi. Negri ricorda che a molte persone dopo la rivolta erano stati portati via i passaporti e quindi non avevano la possibilità di fuggire, mentre Manolo Luppichini ha girato alcune immagini in una prigione alle porte di Tripoli, dove Gheddafi teneva i suoi avversari politici. Qui nel giugno del 1996 egli fece uccidere ben 1200 detenuti politici. Del resto il dittatore non faceva differenza tra reati politici, religiosi o ideologici, come racconta un testimone, l’avvocato dei familiari delle vittime, che è stato anche lui imprigionato. E alla gente disarmata che protestava per chiederne la liberazione, i miliziani di Gheddafi rispondevano sparando delle raffiche. Da Twitter arrivano molti commenti di persone che si dicono molto arrabbiate soprattutto dei rapporti dell’Italia con la Libia, del fatto che in sostanza è come se Gheddafi abbia pagato il silenzio degli Stati, anche sui respingimenti. In studio si torna dunque a parlare della guerra e Alessio Genovese racconta di quando è stata occupata la città di Misurata e dei tanti abusi ai danni di tutte le donne. Del resto è adesso in atto un processo di riconciliazione del Paese che non è certo facile. Ed è proprio una ragazza di Misurata a parlare degli stupri e a spiegare come la gente preferisca addirittura pensare che nulla sia successo, piuttosto che ammetterlo. Niente soldi e niente lavoro: Gheddafi e la rivoluzione sono la stessa cosa, perché come Gheddafi diceva “presto arriveranno i soldi”, la stessa cosa dicono ora i ribelli e le cose non cambiano mai. A raccontare questo è un uomo, il quale porta l’inviato nella sua casa e gli fa conoscere i membri della sua famiglia. Una donna dice di avere paura dei ribelli e che anche i bambini sono spaventati. Tra i militari ci sono contadini, ingegneri, persone provenienti dai settori più disparati che quando sarà finito tutto, dicono, torneranno alle loro normali attività. In carcere sono detenuti coloro che sono considerati amici di Gheddafi, che chiedono di essere liberati perché la maggior parte di loro afferma di non aver commesso alcun reato. Qualcuno è stato preso per strada e dice di non sapere neanche perché è stato arrestato così, all’improvviso. In tutto si parla di almeno 15.000 tra morti e dispersi, anche se dei numeri esatti ancora non sono disponibili. La preoccupazione principale della classe media libica è al momento il tema delle armi.
Queste sono state ritirate dal centro della città e si trovano ora presso i consigli militari, perché i rivoluzionari le hanno consegnate. Il futuro della Libia dipende dal disarmo delle milizie e il progetto è quello di riassorbire migliaia di combattenti nell’esercito statale, così da passare da una rivoluzione ad un nuovo Stato. I lavoratori pubblici del porto chiedono però di tornare a lavorare e vogliono che i loro uffici vengano liberati. Gli stipendi vengono loro pagati regolarmente e da questo punto di vista non ci sono problemi, ma quello che vogliono queste persone è lavorare per ricostruire la Libia. Entrando a Tripoli ci si rende conto infatti che basterebbe davvero poco per ricominciare. Qui esiste infatti una classe media che non vede l’ora di lasciarsi alle spalle per sempre la guerra. Ma non mancano neanche i quartieri più poveri, abitati dagli immigrati che lavoravano nei tanti cantieri ora fermi proprio perché questi immigrati se ne sono tornati a casa. Si parla poi dei respingimenti. Ora che c’è stata la nuova sentenza, infatti, sarà vietato effettuare dei respingimenti. Monti ha detto che si tratta di una sentenza importante e la Cancellieri ha dichiarato che ora occorrerà darle applicazione. Dovranno essere anche rivisti gli accordi tra il Governo Italiano e quello libico. Senza dubbio le persone che venivano verso l’Italia scappavano da Gheddafi e non avevano nulla da perdere, quindi erano pronti a tutto. E’ stato realizzato anche un film sull’argomento, che si intitola “Mare Chiuso”. Ora si spera che si indaghi sulla morte delle molte persone che non si sa che fine abbiano fatto e la cui imbarcazione è stata forse attaccata. Si parla di quasi 400 persone morte e i familiari di queste persone vorrebbero che qualcuno li aiutasse a capire cosa è successo.
Ma come stanno gli immigrati che vivono in Libia? La maggior parte di essi sta bene, ha una casa, e non pensa affatto alla possibilità di arrivare in Italia. Una donna dice che faceva le pulizie per una famiglia di libici che l’ha ospitata durante la guerra. Ora però ci sono problemi di sicurezza perché si può essere aggrediti, anche mentre si cammina per strada e molti così hanno deciso di emigrare. Arrivati in Italia, essi hanno però trovato una vita che non era quella che si aspettavano, chiusi nei centri e senza avere un lavoro.