la prova definitiva di come i Golden Globes non sono più lanticamera degli Oscar, non ne sono lo specchio, né gli influenzatori di tendenze. Anzi, la scelta dellAcademy di anticipare le date proprio per bruciare sul tempo lHollywood Foreign Press e distinguersi ha sortito i suoi effetti: la stampa estera ha incoronato i suoi vincitori in un modo imprevedibile rispetto agli standard dellAcademy, e di questo glie ne va reso merito.
Il miglior film drammatico dellanno è Argo, il thriller spionistico e politico di Ben Affleck che ha conquistato anche il premio per la miglior regia proprio grazie alla prova dellattore, che in molti considerano ormai definitivamente lanciato come autore. Il premio va a un film giovane o comunque non del tutto interno al sistema e alle istituzioni, ma allo stesso tempo capace di far volare di nuovo laria della New Hollywood. Miglior commedia o musical invece è, come prevedibile, Les Misérables di Tom Hooper, il musical ispirato a Hugo che si è giovato della divisione dramma-non dramma (cosa che non potrà fare agli Oscar) e vince anche i premi per Hugh Jackman, come attore protagonista di commedia o musical, e per Anne Hathaway, attrice non protagonista.
Deluso Lincoln, il film di Spielberg che probabilmente si rifarà agli Oscar, ma che qui porta a casa solo il premio per Daniel Day Lewis come protagonista drammatico, mentre contento può essere Quentin Tarantino, il cui Django Unchained vince per la migliore sceneggiatura e lattore non protagonista Christoph Waltz. I premi comunque cercano di accontentare un po tutti: Vita di Pi migliore colonna sonora, Il lato positivo miglior attrice commedia (Jennifer Lawrence), Skyfall per la miglior canzone di Adele e Zero Dark Thirty per la prova di Jessica Chastain come protagonista drammatica. Il miglior film straniero resta prevedibilmente Amour di Michael Haneke (e vederlo premiato da Schwarzenegger e Stallone è un tocco bizzarro niente male), mentre altrettanto prevedibile il premio al miglior cartoon per Brave.
Più in linea con la tendenza dellestabilishment . leggasi Emmy . i premi alle serie tv: Homeland vince come miglior serie drammatica coronando un percorso perfetto che porta al premio anche i protagonisti Claire Danes e Damien Lewis, mentre la rivelazione Girls vince come miglior serie commedia e come miglior attrice per Lena Dunham, che della serie è anche creatrice, produttrice, sceneggiatrice e regista. A soli 26 anni.
Altro trionfo per Game Change, il tv-movie sulla campagna presidenziale repubblicana del 2008: vince come miglior tv-movie, per la miglior attrice di categoria, Julianne Moore, e per il miglior non protagonista tv, Ed Harris. Meno ecumenica lHFPA per i premi televisivi, pochi prodotti premiati: Downton Abbey vince per Maggie Smith come non protagonista tv, Hatfield & McCoys premia Kevin Costner per il miglior protagonista in una miniserie e House of Lies si porta a casa il Globe come protagonista di una serie commedia con Don Cheadle. Gran dimenticato, per la prima volta in 4 stagioni, è Modern Family.
Al di là delle premiazioni che possono scontentare, anzi che scontenteranno di sicuro (per chi scrive, Moonrise Kingdom tra i film e “Breaking Bad” tra le serie tv meritavano molto di più), è lo spettacolo televisivo a lasciare tutti soddisfatti: le due conduttrici Tina Fey e Amy Poehler (entrambe candidate come protagoniste di una serie commedia, rispettivamente “30 Rock” e “Parks & Recreation”) sono state tra le migliori degli ultimi anni, cattive e spigliate senza cattivo gusto (la battuta della serata, rivolta a Kathryn Bigelow, regista di Zero Dark Thirty: “Se si parla di torture, mi fido di una donna che per anni è stata sposata con James Cameron”) e perfettamente a loro agio nell’irridere un mondo di cui fanno parte; il ritmo è stato sostenuto e piacevole arricchito da un meraviglioso monologo, il momento più commovente della serata, quello con cui Jodie Foster ha accettato il premio alla carriera. Una confessione del proprio stato d’animo, un viaggio nella carriera di una grande attrice, il ritratto di una grande donna. Un momento di vera umanità che agli Oscar non sarebbe possibile. E questo segna un’altra differenza.