Nella prima serata del 28 febbraio, La7 proporrà Quel che resta del giorno, film interpretato da Emma Thompson, Anthony Hopkins e Christopher Reeve, con la regia di James Ivory. Trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Kazuo Hishiguro, questa pellicola, datata 1993, ha una durata di 134 minuti. La pellicola, che ha ricevuto innumerevoli nominations agli Oscar del 1994, ha vinto due David di Donatello (miglior attrice straniera ad Emma Thompson e miglior attore straniero a Anthony Hopkins), e un Nastro d’Argento per la migliore regia a James Ivory. Nel cast figura anche Hugh Grant, che interpreta il ruolo di un giornalista nipote di lord Darlington. Ecco la trama. Siamo in Inghiterra, alla vigilia della seconda guerra mondiale. Il maggiordomo Stevens (Anthony Hopkins) è stato capace negli anni di guadagnarsi la stima del suo datore di lavoro, lord Darlington (James Fox), facendo funzionare impeccabilmente le cose nella dimora del nobiluomo. Quest’ultimo, pur avendo grande fiducia nei confronti del subalterno, sembra comunque tenerlo a distanza, come vogliono le convenzioni sociali dell’epoca. Ciò non sembra turbare particolarmente Stevens, dedito soltanto al proprio lavoro e all’apparenza privo di qualunque emozione. La situazione non cambia nonostante l’arrivo della nuova governante, l’arguta miss Kenton (Emma Thompson), nonostante qualche battibecco dovuto alla similitudine tra le rispettive indoli. Anche la morte del padre di Stevens (Peter Vaughan) quasi non riesce a scuotere la compostezza del maggiordomo, che continua ad occuparsi della supervisione di un importante ricevimento che ha luogo in casa Darlington nonostante il genitore stia spirando nell’ala del palazzo occupata dal personale di servizio. In questo momento così duro, miss Kenton dà a Stevens tutto il suo appoggio, anche perché ha cominciato a provare dei sentimenti nei suoi confronti: nonostante non sia indifferente alla cosa, però, il maggiordomo non lascia trasparire che anche lui prova qualcosa, essendo convinto del fatto che sul posto di lavoro non ci sia posto per dare sfogo ai propri sentimenti. Con il suo atteggiamento, tuttavia, induce miss Kenton ad allontanarsi e a recarsi, accompagnata da un suo spasimante, presso un’altra abitazione di nobili, situata in una graziosa cittadella dove, un giorno, avrebbe intenzione di costruire un albergo. Nel frattempo, per il continente europeo si profilano tempi molto duri a causa dei venti di guerra e dell’avvento del nazismo: lord Darlington, sostenitore della destra più radicale e pieno di ammirazione per la Germania, si adopera per appianare le divergenze tra il suo paese e la nazione che tanto ammira. Casa Darlington viene sempre più spesso frequentata da personaggi che sostengono le idee di Adolf Hitler, e il lord riesce perfino a far incontrare nella sua abitazione l’ambasciatore tedesco a Londra e il premier inglese, senza però arrivare ad alcun risultato positivo. A guerra conclusa, Darlington viene investito di accuse infamanti che lo dipingono come un collaborazionista e filonazista: nonostante cerchi di difendersi rivolgendosi anche alla giustizia, che però non riesce a ristabilire la verità, il lord passa a miglior vita a causa del profondo dolore provato a causa del torto subito, senza lasciare alcun erede. Stevens, che nel corso della guerra era riuscito comunque ad avere un rapporto epistolare con miss Kenton, avrà con lei un ultimo incontro. Ormai, però, i due sono costretti a mettere da parte ciò che provano l’uno per l’altra, in quanto la governante, che si è sposata con l’uomo con cui andò via da casa Darlington per poi separarsi qualche anno dopo, è diventata madre di una creatura che adesso è una giovane donna e che si appresta a darle il suo primo nipote. Dopo aver pranzato insieme, i due si congedano salutandosi in maniera calorosa ma comunque quasi formale, come nello stile del maggiordomo, il quale fa ritorno nella casa un tempo appartenuta a lord Darlington per dare il benvenuto al nuovo proprietario. Si tratta del signor Lewis (Christopher Reeve), un agiato americano che aveva già avuto modo di soggiornare nella casa che adesso è sua nel periodo in cui ricopriva la carica di delegato degli Stati Uniti. Alla fine ci si rende conto che il film è stato un flashback dello stesso Stevens che, malinconicamente, ha ripercorso tutta la sua esistenza, riflettendo anche sul come avrebbe potuto essere.