Il nome di Edward Snowden è ormai piuttosto noto a chiunque legga un giornale e sinteressi soprattutto di politica estera: come ex-analista per la CIA e altre agenzie governative americane ha svelato labnorme violazione della privacy mondiale che gli Stati Uniti hanno fatto passare per misure di sicurezza. I retroscena e la storia di quelle rivelazioni sono alla base di Citizenfour, documentario di Laura Poitras vincitore dellOscar e in arrivo oggi nelle sale italiane.
Il film racconta gli incontri segreti – tenutisi a Hong Kong tra Snowden, Poitras (scelta da Snowden dopo aver visto i film precedenti per i quali è stata braccata dalle autorità Usa) e due reporter inglesi – nei quali luomo ha raccontato i segreti dietro il Patriot Act e lattuazione da parte del governo americano e di altri governi di un piano di intercettazioni globali in cui, con la scusa dellanti-terrorismo, il 90% delle comunicazioni venisse intercettato e registrato, a fini polizieschi, commerciali e politici.
Poitras, fedele al giornalismo dinchiesta, si getta in prima persona in unoperazione rischiosa in ogni senso, raccontando con Citizenfour non solo il fatto allucinante che ci riporta direttamente alle atmosfere di 1984, ma soprattutto il processo con cui la verità è venuta a galla, ponendo laccento oltre che sui fatti, soprattutto sulle persone coinvolte e sulla personalità di Snowden: un documentario che è allo stesso tempo un thriller giornalistico (tra Tutti gli uomini del presidente e State of Play) e una riflessione sulla società contemporanea al bivio tra identità liquida e protagonismo.
Poitras ricostruisce con puntigli i contatti, le comunicazioni e le premesse dellincontro, semina germi da cinema anni 70 e poi si concentra su Snowden, sulle sue parole, ma soprattutto sui suoi gesti, assecondandone la paranoia (magnifica la sequenza in cui un falso allarme dellalbergo genera il panico tra luomo e i suoi intervistatori), che però non è la follia di un esaltato, ma la coscienza di processi e meccanismi che poco a poco contagiano anche lo spettatore rispetto alla propria privacy on line.
Sociologia e cronaca, politica e tecnologia si fondono in un film mirabile, segnato da un ritmo teso, freddo, preciso e costante che sa aprire il proprio discorso a risvolti imprevisti, a densità umane che l’argomento farebbe escludere, diventando verso il finale anche il ritratto di una solitudine forzata in cui le parole scritte, le mail con cui Snowden comunica in modo sicuro, con la loro forza drammaturgica si sovrappongono alle immagini creando uno squarcio dolente e un inciso teorico sull’importanza del linguaggio. Riscattando così la figura del giornalista e dando al ruolo dei media uno sguardo inconsueto, ma da cui passa il barlume di speranza che il film porta con sé.