70 anni di grande cinema e storia dello stile: ecco come si potrebbe condensare il Festival di Cannes che da oggi a domenica 28 celebrerà il suo 70° anniversario con un’edizione molto particolare, in cui il glamour delle stelle lascerà più del solito lo spazio ai film, ai registi, agli attori da scoprire. Se è una scelta in controtendenza rispetto allo status del festival oppure una questione di necessità e virtù lo potremo dire alla fine, ma di sicuro sorprende non trovare in programma blockbuster, grandi divi o autori celebratissimi.
A parte due: Michael Haneke, in concorso con Happy End, il cui titolo ci immaginiamo sarcastico, e Roman Polanski, sorprendentemente fuori concorso con l’attesissimo D’àprès une histoire vraie (scritto da un altro beniamino di Cannes, il regista Olivier Assayas) con Emmanuelle Seigner ed Eva Green e praticamente film di chiusura del festival. In apertura invece c’è Les fantômes d’Ismaël di Arnaud Desplechin, uno tra i maggiori autori francesi contemporanei e con uno dei cast più lussuosi del festival (Cotillard, Amalric, Gainsbourgh, Garrel).
Sarà un festival ricchissimo d’Italia nonostante nessun film nostrano sia in concorso: c’è Italia nel poster (Claudia Cardinale che balla), nelle cerimonie ufficiali con Monica Bellucci madrina, anche il poster della Quinzaine des réalisateurs parla di Italia con la parola sogno in primo piano. E poi i film: due nella selezione ufficiale – Fortunata di Sergio Castellitto e Dopo la guerra di Annarita Zambrano entrambi al Certain regard -, due nella Quinzaine – L’intrusa di Leonardo Di Costanzo e Cuori puri di Roberto De Paolis – e uno nella Semaine de la critique, ossia Sicilian Ghost Story del duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza.
E poi c’è l’incognita Twin Peaks, il vero evento del festival: ma la presentazione al festival sarà 4 giorni dopo la messa in onda americana e il film non sarà accompagnato da David Lynch, né da nessuno dei protagonisti. Quindi, di fatto, un evento monco, recuperabile sul piccolo schermo in tranquillità (la serie va in onda il 26 maggio su Sky Atlantic). Meglio concentrarsi allora sui film e sulle opere più attese del festival, cominciando dai film targati Netflix che hanno scatenato l’ira dei distributori francesi e portato il direttore Frémaux a minacciare l’esclusione dal prossimo di film che non saranno distribuiti in sala (scelta del tutto anacronistica): Okja, monster-movie del coreano Bong Joon-ho, e The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach. Todd Haynes con Wonderstruck e Sofia Coppola con L’inganno tengono alto il nome del cinema Usa assieme a Good Time dei fratelli Safdie: mentre Haynes, autore del capolavoro Carol, è una garanzia, ci incuriosisce soprattutto il secondo titolo, remake di La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, regista agli antipodi rispetto alla poetica di Coppola.
Dall’Europa occhi puntati su Fatih Akin con Aus dem nichts, Michel Hazanavicious che con Le rédoutable prende in giro il mostro sacro Jean-Luc Godard, François Ozon con L’amant double, il greco Yorgos Lanthimos (con produzione anglosassone e cast americano) con il thriller The Killing of a Sacred Deer e lo svedese Ruben Östlund con l’eccentrico The Square, mentre dall’Oriente arrivano uno degli autori più amati dai cinefili Hong Sang-soo con Geu hu e i giapponesi Naomi Kawase – in concorso con Hikari – e Takashi Miike con l’epico Blade of the Immortal.
Ma tra fuori concorso e proiezioni speciali piccoli e grandi maestri si sovrappongono (Lanzmann, Schroeder, Depardon e Agnès Varda) a cesellare un festival che in mancanza di nomi appariscenti potrebbe aver puntato su grandi film. Almeno è la speranza di chi a Cannes passerà i prossimi 12 giorni.