Il film perfetto si crea con studio e meticoloso lavoro, non ha dubbi Paola Mammini la sceneggiatrice romana e attrice diplomata che tutti i registi vorrebbero al proprio fianco e che ha firmato il titolo boom del 2016 portando a casa il David di Donatello. Suo “Perfetti Sconosciuti” ma anche “Immaturi La Serie” e “Tutta Colpa di Freud”. La sceneggiatrice si racconta alle pagine di Diva e Donna e ammette di sorridere nervosamente quando qualcuno le dice che vorrebbe scrivere il libro della propria vita ma di non avere tempo: “Sceneggiatrici non ci si improvvisa”. Solo dopo anni di duro lavoro è arrivato il successo ai David di Donatello e adesso può finalmente guardare le cose da un altro punto di vista ma senza rinunciare al suo modo di fare: “In passato alcuni produttori nemmeno mi rispondevano, adesso invece mi chiamano per farmi leggere cose“. Attrice diplomata all’Accademia di Arte Drammatica di Silvia d’Amico, Paola Mammini si è accorta presto che le piaceva scrivere i suoi pezzi e soprattutto amava scriverli per gli altri. Su quel palco e in quei corridoi è nata la sua passione per la sceneggiatura che ha cercato subito di assecondare.
Il metodo di Paola Mammini
Nella lunga intervista al settimanale, Paola Mammini racconta anche il momento in cui nasce l’idea di un film o di una sceneggiatura ma non senza “aver studiato, letto e visto film“. Solo nel momento in cui si riconosce che l’idea c’è bisogna poi capire se l’idea è realizzabile e a quel punto stendere anche la biografia dei personaggi di questa storia: “Per me il 90% è fantasia e solo il 10% può avere qualcosa a che fare con la vita reale“. Questo però non la tiene lontana dai suoi personaggi tanto da portarsi sempre dietro un taccuino in cui annota frasi, momenti e dettagli: “Io, finché non finisco, i personaggi li porto con me“. Dopo aver trovato l’idea, steso la biografia dei personaggi, si passa alla stesura di una scaletta e a questo punto inizia il meticoloso lavoro sulla sceneggiatura: “La descrizione in prosa di tutti i possibili dettagli”. Alcune storie ci vuole un po’ di più per raccontarle mentre altre, come “Perfetti Sconosciuti”, anche soli tre mesi anche se ammette: “In quel caso eravamo particolarmente ispirati“.