Kunta Kinte è riuscito a catturare l’attenzione mondiale grazie al racconto di Alex Haley, suo discendente diretto da parte di madre e scrittore originario di Ithaca. La sua storia è il perno infatti di Roots – Radici, il remake della prima miniserie realizzata dalla televisione americana e ispirato al romanzo omonimo di Haley. Una storia importante che nel corso degli anni è diventata simbolo di emancipazione degli schiavi d’America, ma che ha subito anche diversi attacchi. Il primo a criticare l’operato dello scrittore è stato forse Philip Nobile, che nel 1993 ha scritto Uncovering roots, un articolo che ha distrutto la credibilità di Kunta Kinte come personaggio reale, svelando forse la sua esistenza solo sulla carta. Un’impresa messa in atto subito dopo la morte di Haley, che ha dato la possibilità di accedere ai suoi appunti, dove non è stata trovata traccia di documenti cartacei su Kunta Kinte. Anche se quest’ultimo ha rappresentato forse la fortuna di Haley sotto molti punti di vista, visto il clamore positivo suscitato da Radici, al tempo stesso l’autore ha dovuto fare i conti con le prime critiche fin dalla pubblicazione del romanzo. Come sottolinea La Repubblica, all’epoca Haley venne accusato e condannato per aver copiato diversi passaggi dal romanzo The African di Harold Courlander.
UNA STORIA INIZIATA IN GAMBIA NEL 1750
La storia di Kunta Kinte, dettagliata nel romanzo di Alex Haley e nella miniserie omonima Roots – Radici, inizia in Gambia nel 1750. L’infanzia del protagonista è descritta come severa e austera, dovuta alla nascita di Kunta Kinte nella famiglia di un guerriero. La sua vita diventa inoltre ancora più difficile quando a soli 17 anni viene aggredito e trasformato in schiavo, per poi essere deportato fino in Virginia. In realtà la schiavitù di Kunta Kinte inizia fin da bambino, sottolinea Vanity Fair, dato che il primo a mettere le catene ai polsi del figlio sarà proprio il guerriero Mandinka che gli ha dato i natali. Le imposizioni sono molte, dal non poter corteggiare una ragazza che non appartiene allo stesso rango della sua famiglia fino al divieto di studiare. Sarà però l’incontro con i Waller, i suoi primi padroni, a mettere a dura prova l’identità del protagonista, che sarà costretto a cambiare il suo nome in Toby. In quel momento il suo animo ribelle si fa sentire, tanto da spingerlo verso la fuga. Una volta catturato, dovrà però sottostare alle regole dei Waller. Al suo fianco un altro schiavo anziano, il violinista che deciderà di prenderlo sotto la propria ala e che in qualche modo lo aiuterà a fare i conti con quella realtà alienante legata allo stato di schiavitù. Nonostante tutto, Kunta Kinte riuscirà negli anni successivi ad avere figli e nipoti, che porteranno avanti la sua battaglia contro le catene di qualsiasi tipo: i discendenti riusciranno infatti a mettere la parola fine alle lotte quando gli Stati Uniti aboliranno la schiavitù nel 1865.