Arrestato e in carcere, poi agli arresti domiciliari e infine assolto: le accuse contro Vito Gamberale, all’epoca amministratore delegato della Sip, riguardavano alcuni favori richiesti ad una società fornitrice della compagnia telefonica italiana. Il suo arresto avviene nell’ottobre del ’93, quando Gamberale viene trasportato nel carcere di Poggioreale, in provincia di Napoli, dove trascorrerà 16 giorni. Il caso di Vito Gamberale verrà approfondito da Sono Innocente nella puntata di questa sera, domenica 6 maggio 2018, a partire dai dettagli dell’accusa. Secondo le indagini, l’amministratore delegato della Sip aveva ridotto le commesse della Ipm, società fornitrice, per via di quattro assunzioni non andate a buon fine e raccomandate da Giulio Di Donato, all’epoca vice segretario del Psi. L’arresto di Gamberale precede tuttavia l’interrogatorio di Paolo De Feo, il titolare dell’Ipm che confermerà un’ora dopo le accuse contro il manager. A questo si aggiunge anche il fatto che Carmine Meloro, un testimone contro il manager, ammetterà alcuni giorni dopo ai legali dell’accusato di aver dichiarato il falso solo per ottenere la libertà. Negli anni successivi, ricorda La Repubblica, si era ventilata persino l’idea di realizzare una fiction sull’arresto di Gamberale. Un’ipotesi ostacolata da Giantomaso de Matteis, deciso a rimanere chiuso nel silenzio, e persino da don Luigi Ciotti. Secondo il prete, da sempre vicino agli oppressi, la Rai avrebbe rischiato di banalizzare con il prodotto tutta la vicenda accaduta al manager.
VITO GAMBERALE E L’INGIUSTA DETENZIONE
290 milioni delle vecchie lire per Vito Gamberale e l’ingiusta detenzione per l’accusa di concussione. Un risarcimento salato per lo Stato Italiano, che ha dovuto riconoscere l’innocenza di un uomo che ad oggi è considerato uno dei big dell’economia italiana. Negli anni successivi alla vicenda giudiziaria infatti, Gamberale diventerà una figura centrale in Telecom Italia, poi in Autostrade Spa ed infine anche nel settore delle energie rinnovabili. Una sfida continua che inizia anche quel giorno in cui si ritrova agli arresti per accuse che attirarono anche l’attezione di Oscar Luigi Scalfaro. In quei giorni di carcere, riferisce don Ciotti, ha cercato personalmente di incontrare Gamberale, ma la visita gli venne negata. La richiesta era stata mossa da alcuni amici del sacerdote nel Natale del ’93, come racconta a La Repubblica, per permettere al manager di poter raccontare la propria verità. L’incontro fra don Ciotti e Gamberale invece avverrà solo in seguito alla scarcerazione dell’uomo, così come con la figlia Chiara, che non ha mai smesso di supportare il genitore e di inviargli lettere piene di dubbi e di speranza.
IL RACCONTO DELL’EX AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SIP E DELLA FIGLIA CHIARA
La storia di Vito Gamberale verrà raccontata a Io sono Innocente dalla viva voce dell’ex amministratore delegato della Sip e della figlia Chiara. Un pilastro della famiglia dell’uomo, duramente colpita per quanto avvenuto negli anni Novanta. Chiara Gamberale, oggi scrittrice e conduttrice, ha confidato alle pagine del suo Una vita sottile, il primo romanzo scritto nel ’99, tutto il dolore provato in quei giorni. Le conseguenze dell’arresto del padre si ripercuoteranno infatti sulla figlia 16enne, quasi cancellata da una fragilità che ha cercato di sconfiggere con la forza della determinazione. Vito Gamberale e la figlia Chiara si ritrovano così a vivere la stessa sofferenza sotto due punti di vista. Per il primo l’arresto rappresenta un’ingiustizia da combattere, mentre per la figlia si tratta di confrontarsi con lo spettro della bulimia e dell’anoressia. Sul punto di uccidersi, quanto vissuto in quei giorni la accompagnerà per tutta la vita. In occasione della diffusione del film dal titolo omonimo al romanzo e diretto da Gianfranco Albano, per Chiara Gamberale è stato impossibile non rievocare quei momenti e soffrire per quel punto di rottura, quel cambiamento che l’ha portata poi a riconciliarsi con se stessa. Anche per Gamberale l’impatto con il film è stato forte, come racconta a La Repubblica, soprattutto nel ricordare quanto sia difficile difendersi quando si è innocenti