Trump promette agli arabi che non ci sarà annessione della Cisgiordania da parte di Israele. Che però potrebbe prendersene almeno una parte

Donald Trump ha promesso ai leader mediorientali e del Golfo che Israele non annetterà la Cisgiordania. Ma, si sa, il presidente è abituato a cambiare idea spesso e bisogna vedere se manterrà la promessa. Va anche detto che la sua posizione sulla West Bank, spiega Ugo Tramballi, editorialista de Il Sole 24ore e consigliere scientifico dell’ISPI, è sempre stata ambigua, tanto da permettere a Israele di prendere decisioni che vanno proprio nella direzione opposta a quella annunciata dagli USA ai leader islamici. Gli americani potrebbero allora accettare un’annessione parziale della Cisgiordania presentandola come soluzione di compromesso.



Di fronte a una decisione del genere, però, i Paesi arabi potrebbe chiudere la stagione degli accordi di Abramo, tanto cari allo stesso Trump. Appoggiare in toto le richieste di Netanyahu da parte statunitense porterebbe a isolare sempre di più Israele, ma ormai l’unico principio che guida la politica estera a stelle e strisce è quello della difesa degli interessi economici. E da questo punto di vista i palestinesi non hanno molto da offrire. Intanto gli USA dopo gli arabi stanno sottoponendo il loro piano anche al premier israeliano. E Trump si dice ottimista.



Trump avrebbe promesso ai Paesi arabi e islamici incontrati a margine dell’assemblea ONU che Israele non annetterà la Cisgiordania. Sta cambiando le carte in tavola?

Quello che Trump dice oggi può essere smentito domani. Lo ha fatto in relazione alla guerra in Ucraina e spesso anche riguardo al conflitto di Gaza. Sul futuro della Striscia gli americani sono sempre stati molto ambigui: parlano di trasformarla in una Riviera, ma lasciano che gli israeliani compiano quotidianamente i loro massacri.

Anche sulla Cisgiordania non sono stati chiari. Hanno lasciato, per esempio, che gli israeliani varassero il progetto E1, che rompe la continuità territoriale di un eventuale Stato palestinese: prevede di creare degli insediamenti alle spalle e a est di Gerusalemme per fare in modo che tra la Cisgiordania del nord e quella del sud ci sia un’interruzione dei territori, un ulteriore elemento di difficoltà per un eventuale Stato della Palestina.



Finora che posizione hanno tenuto gli americani?

Quando il segretario di Stato USA Rubio è andato a Gerusalemme non è entrato nel dettaglio di questo argomento e anche quando Netanyahu si recò a Washington, a una domanda sull’annessione della Cisgiordania Trump rispose che avrebbe deciso entro 15 giorni, che naturalmente sono passati senza che succedesse niente. Può anche darsi che, a dispetto di quanto dichiarato ai Paesi arabi, quando gli israeliani cominceranno ad annettersi parti della West Bank Trump non farà niente.

Cosa ha in mente, invece, Netanyahu su questo fronte?

Gli israeliani non sono stupidi, non annetteranno tutta la Cisgiordania come dicono Ben-Gvir e Smotrich. Se ne prenderanno una parte, l’area C. Quando ci fu la trattativa di pace di Oslo, la Cisgiordania venne divisa amministrativamente in tre aree: l’area A, che corrisponde alle città palestinesi, a totale controllo palestinese, l’area B ad amministrazione congiunta israeliana e palestinese, l’area C, a totale controllo israeliano, dove ora c’è la grandissima parte delle colonie. Quest’ultima porzione è il 60% della Cisgiordania, probabilmente cominceranno ad annettere questa. Qualcosa sapremo quando Netanyahu incontrerà Trump nei prossimi giorni.

Nel piano in 21 punti di cui Trump avrebbe parlato ai Paesi mediorientali sarebbe prevista (anche se non ci sono conferme ufficiali) una loro compartecipazione nella gestione della Striscia nel dopoguerra, almeno inizialmente. Accetterebbero un ruolo del genere?

Donald Trump, presidente USA, in Scozia il 28 luglio 2025 (Ansa)

Originariamente è stato il primo piano arabo, presentato nella scorsa primavera, a prospettare una soluzione del genere per Gaza. Si è parlato di una missione internazionale con un’amministrazione fatta di tecnocrati coordinati dall’Autorità nazionale palestinese (ANP).

Se Trump nel suo piano prevede che il controllo di Gaza sia nelle mani di Israele, gli arabi non lo accetteranno mai. Se Trump invece decide che gli israeliani si devono ritirare da Gaza e lasciare che i tecnocrati arabi inizino a ricostruire cadrebbe il governo israeliano, dal quale uscirebbero Ben-Gvir e Smotrich. D’altra parte anche lo stesso Netanyahu ha dichiarato che non vuole l’ANP, ritenuta parte dell’organizzazione terroristica palestinese.

I Paesi mediorientali, gli Emirati Arabi Uniti in particolare, hanno detto che l’annessione della Cisgiordania metterebbe a rischio anche gli accordi di Abramo già firmati. Stavolta l’opposizione a Israele avrebbe conseguenze concrete, non solo a parole?

Gli Emirati sono il Paese più importante che sottoscrisse gli accordi di Abramo e nel documento che firmarono alla Casa Bianca la questione palestinese era citata in mezza riga. Oggi, tuttavia, dopo due anni di massacri, non c’è Paese arabo che possa permettersi di stringere accordi di Abramo in queste condizioni. In caso di annessione potrebbero quantomeno congelare le intese già raggiunte, se non revocarle. D’altra parte adesso questi accordi non stanno funzionando, anche se le intese economiche e di sicurezza sembrano ancora in atto: gli aerei delle compagnie di Abu Dhabi continuano a volare su Tel Aviv come se niente fosse.

L’Arabia Saudita ha organizzato con la Francia una conferenza sul tema dello Stato di Palestina. In questo contesto che ruolo sta avendo?

È il più importante Paese arabo e il suo leader, Mohammed bin Salman, si vuole candidare, come è di fatto, a leader degli arabi, come fu Nasser anni fa quando era a capo dell’Egitto. Proprio per questo stupisce il silenzio dei sauditi. Protestano molto di più Francia e Gran Bretagna. In generale, comunque, rimane la contraddizione fra il visto negato ad Abu Mazen per partecipare all’assemblea Onu e un piano di Gaza dove la gestione della Striscia dovrebbe essere affidata ai palestinesi.

Tra l’appoggio a Netanyahu e il rischio di danneggiare i rapporti con I Paesi arabi e rendere inutili gli accordi di Abramo, gli USA cosa preferiranno?

Non si tratta solo degli accordi di Abramo, che tra l’altro sono stati forse l’unico successo della prima amministrazione Trump, ma di tutto il mondo arabo. E anche del resto del mondo. Avallando le scelte di Netanyahu, Israele sarebbe sempre più isolato.

Si isolerebbero sempre di più anche gli USA?

Questo è l’obiettivo di questa amministrazione, cambiare completamente il ruolo degli Stati Uniti. Gli americani ora vogliono intervenire dove hanno degli interessi, soprattutto se si tratta di interessi economici. Da questo punto di vista i palestinesi non possono offrire molto, a meno che non si tolgano di mezzo per realizzare affari immobiliari. Quello di Trump non è isolazionismo, è una forma di imperialismo, che interviene dove ci sono degli interessi e non per garantire la pace e la stabilità del mondo come è sempre stato dalla fine della Seconda guerra mondiale.

 Ora che scenario potrebbe delinearsi: un’annessione parziale della Cisgiordania avallata da Trump con la scusa che il resto dei territori della West Bank viene lasciato com’è?

Non scommetterei su nessuna delle ipotesi, perché tutto può succedere. Però questa ipotesi potrebbe essere presentata dagli americani come soluzione di compromesso: occupare non tutta la Cisgiordania, ma una parte. Ma non credo che gli israeliani si fermeranno, lo faranno solo se l’amministrazione statunitense dovesse minacciare di togliere loro le armi che servono per distruggere il popolo palestinese. Alla fine della Seconda guerra mondiale la comunità internazionale si dotò delle regole di diritto internazionale: la più importante era che non sarebbe più stata ammessa la conquista territoriale con la forza di un Paese nei confronti di un altro Paese. Oggi quel principio è venuto meno: questa è la causa dell’instabilità mondiale.

(Paolo Rossetti)

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