Grandi numeri per la Conferenza per la Ripresa dell’Ucraina: impegni per 10 miliardi. Ma in prima fila ci saranno le multinazionali Usa e Brics
Alla Nuvola di Roma hanno partecipato in 5mila alla Conferenza per la Ripresa dell’Ucraina. Con 100 Stati rappresentati e 40 organizzazioni internazionali. E se parliamo di numeri, ci sono quelli resi pubblici dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha parlato di impegni per 10 miliardi di euro.
La realtà, però, osserva Giulio Sapelli, professore emerito di storia economica all’Università degli Studi di Milano, è che l’Europa rischia di metterci i soldi senza portare a casa granché: la parte del leone la faranno USA, alcuni Paesi BRICS e la Turchia.
E poi l’Ucraina è prima di tutto un grande produttore di grano, e tornerà a esserlo grazie alle multinazionali cerealicole, molte delle quali non sono europee. Quanto all’industria, il Green Deal della UE non è il miglior viatico per ricostruirla.
Il vero problema, tuttavia, rimane un altro: i tempi del rilancio del Paese appaiono ancora lontani e l’unica realtà con la quale si devono fare i conti, ora, è quella della guerra.
Non si vede la fine del conflitto e si comincia già a parlare diffusamente di ricostruzione dell’Ucraina. Non è un controsenso?
Nella storia diplomatica mondiale non è mai successo che, a guerra in corso, si facesse una conferenza sulla ricostruzione. Tanto più che siamo di fronte a una guerra interimperialista. Finita da qualche anno la cosiddetta globalizzazione, un’epoca di centralizzazione capitalistica, dove il capitalismo si è sviluppato anche in Cina, proclamata economia di mercato, ora si pone il tema della ricostruzione dell’Ucraina. Secondo me, siamo alla lotta fra predatori, dovuta al fatto che gli americani hanno già un accordo con Kiev per le terre rare. Gli USA volevano comportarsi con l’Ucraina come hanno fatto con la Russia di Eltsin, quando sono arrivati prima degli altri per spogliare il Paese delle sue risorse.
L’Ucraina ha ormai così tanti debiti e prestiti da restituire a UE e fondi americani e inglesi che è per forza legata all’Occidente. La ricostruzione chi la sosterrà, l’Unione Europea? La von der Leyen ha già parlato di un fondo per la ricostruzione.
Nessuno chiederà mai la restituzione di quei soldi all’Ucraina. I debiti, poi, si ripartiranno tra gli Stati dell’Unione Europea. Per quanto riguarda il fondo per la ricostruzione, a von der Leyen vorrei chiedere che cosa si ricostruisce. L’Ucraina ha risorse minerali e terre rare, ma è un grande Paese agricolo: con la Siria e il Canada era uno dei tre grandi granai del mondo. Ci sarà da ricostruire questo, se non sarà tutto minato, anche se nessuno ne parla.
Perché i russi hanno distrutto anche campi di grano e aziende agricole?
La distruzione dei beni strumentali e dei beni civili è una strategia che usano dalle guerre imperiali, dai tempi dello zarismo, dalla grande guerra contro la Svezia nel Settecento. A ricostruire il Paese saranno le grandi multinazionali cerealicole mondiali con i soldi che daremo tutti noi cittadini europei attraverso i fondi UE. E poi attingeranno al mercato mondiale dei capitali.
Queste società, però, non sono europee: le finanzieremo lo stesso?
Quelle europee sono poche, ce ne sono di americane, molte sono cinesi e c’è una forte presenza brasiliana, basta vedere che fine sta facendo l’Amazzonia, proprio in virtù della spinta potentissima delle agroindustrie brasiliane. Vista l’autodafé che ha fatto l’industria europea in questi anni, la mutualizzazione del debito dei cittadini europei sarà usata più per l’industria non europea che per quella europea. D’altra parte, come si può ricostruire un’industria con il Green Deal? Se non si possono usare i motori termici, con quale alimentazione andranno avanti i trattori e gli escavatori? Avremo i bulldozer elettrici? Solo i socialisti ubriachi alla Timmermans possono pensare questo, invasati dal neopaganesimo che ha sostituito Dio con la natura verde.
I veri player di questa ricostruzione chi saranno? Gli Stati Uniti e chi altro?
Alcuni Paesi dei BRICS. Sicuramente la Turchia, che è già lì. Se l’Italia avesse avuto l’ILVA non distrutta dagli pseudo-manager che l’hanno guidata in questi ultimi anni, sarebbe stata in prima fila nella ricostruzione.
Insomma, l’Europa rischia di mettere i soldi per la ricostruzione dell’Ucraina ma di non guadagnarci?
Credo proprio di no. Non aumenteremo l’occupazione. Sarà un gioco di specchi, un’enorme illusione, purtroppo costruita su montagne di morti.
Zelensky, intanto, sembra più interessato ancora alle armi e al riarmo che non a tutto il resto: punta ancora sulla vittoria militare?
Vuole vincere la guerra, vuole resistere. Trovo assurdo che di queste cose oggi si parli in pubblico. Un tempo se ne discuteva in segreto: si riunivano in una stanza i potenti del mondo e decidevano. È così che si deve fare, altrimenti si alimentano solo odio e scandalismi.
Alla conferenza di Roma era presente anche l’inviato di Trump, Keith Kellogg. Americani ed europei tornano a parlarsi?
Le imprese nordamericane hanno già avuto contatto con i produttori ucraini, i grandi gruppi capitalistici ucraini. Kiev è in guerra, ma non è che per questo non ci sono più gli industriali, gli oligarchi. Anche una parte della borghesia ucraina ha enormi interessi nella ricostruzione. A combattere mica ci vanno loro, ci va il popolo. Il popolo muore, gli oligarchi fanno i viaggi: è sempre stata così la storia. Penso che americani ed europei si metteranno d’accordo, tanto l’Ucraina è una delle nazioni più grandi d’Europa: c’è da fare affari per tutti. E anche da fare del bene: la popolazione ha bisogno del nostro aiuto. Tuttavia, non bisogna agire in modo occulto, non chiaro, altrimenti verrà fuori una catastrofe.
A forza di parlare di ricostruzione, ci dimentichiamo che la guerra va avanti: c’è possibilità di raggiungere la pace?
Non credo. Siamo lontani dalla pace. L’unica via è una soluzione coreana. Un armistizio senza trattato di pace: dove sono arrivate le truppe, ci si ferma. Certo, questo vuol dire consegnare la Crimea a Mosca, però mi pare che sia giunto il momento che la guerra finisca.
Nessuno, tuttavia, sembra volerla davvero la pace. È così?
I russi tengono duro e continuano con la loro condotta aggressiva. Le sanzioni USA sono fallite e i rapporti fra Russia e Cina si sono rafforzati in modo formidabile: questo dà a Mosca una capacità quasi illimitata di resistenza.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.