Se non è scoppiata la pace si può certamente dire che è stata chiamata la tregua. Un patto di tutti per l’Italia, invoca Carlo Bonomi. Un patto pubblico-privato, rilancia Giuseppe Conte. E così, dopo tante incomprensioni, il presidente del Consiglio e il presidente di Confindustria se non parlano proprio la stessa lingua cominciano almeno a capirsi.
Certo, Bonomi non rinuncia a qualche punzecchiatura (come quando promette/minaccia un nuovo libro sulle cose da fare per il Paese), ma quello che parla alla sua prima assemblea pubblica -eccezionalmente celebrata il 29 settembre per via del Covid – è un uomo diverso da quello apparso agli Stati generali e che in varie occasioni si è affacciato sui giornali per tirare le orecchie al Governo.
Anche il Premier si mostra più conciliante del solito (cauto lo è sempre stato) assicurando che mai e poi mai il suo esecutivo e la maggioranza che lo sorregge è stato animato da spirito antindustriale. Anzi, le imprese sono il nerbo della nostra economia ed è per farle correre meglio lungo le piste della competizione internazionale che occorre costruire un sistema più giusto e attrattivo mentre ci prepariamo a giocare la partita della vita con le risorse del Next Generation Eu.
A fare da collante ci ha pensato certamente il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli che ringrazia di cuore tutte le donne e tutti gli uomini che durante la pandemia hanno continuato a produrre per il benessere collettivo. Un’attestazione di benevolenza che al Parco della Musica, nell’aria rarefatta imposta dalle regole sul distanziamento, è stata accolta con molta soddisfazione dal pubblico presente.
D’altra parte, sarebbe stato davvero scortese ripagare la presenza del Premier con parole cattive. E Bonomi ha saputo essere un buon padrone di casa. Non accondiscendente ma nemmeno puntuto come nelle precedenti uscite. Forse anche consigliato dal rafforzamento dell’esecutivo dovuto al doppio risultato delle elezioni regionali e del referendum. Un micidiale uno-due in favore del Governo che così può allungare lo sguardo fino al termine della legislatura.
Ma su un punto il numero uno della Confindustria non è riuscito a trattenersi. Precisamente, sulla richiesta di Conte di poter esser giudicato sull’uso che saprà fare delle risorse che arriveranno – se lo meriteremo – dall’Europa. E no caro Presidente, avverte Bonomi, se fallisce lei falliamo tutti. Quindi, vietato commettere errori: sul Recovery Plan non si scherza.
Avanti tutta, allora, con le misure per aumentare produttività e occupazione che sono i due nodi che strozzano il Paese da oltre vent’anni. Voglio costruire un clima favorevole alle imprese, dichiara Patuanelli ammettendo di fatto che oggi proprio così non è. Basta con la burocrazia soffocante e avanti tutta con un piano straordinario di Industria 4.0 che tocchi anche la formazione perché abbiamo bisogno di gente qualificata e motivata.
Insomma, le premesse per un dialogo tra persone che ci sentono ci sono tutte. Confindustria e Governo si sono dati di gomito (abbracciarsi è vietato) rinviando l’approfondimento di temi che scottano come, per esempio, la sempre maggiore presenza dello Stato nell’economia. Una necessità quando il sistema traballa, secondo Patuanelli che spiega: c’è stato un terremoto e non possiamo correre il rischio di raccogliere solo macerie.
Di questo e di molto altro ci sarà tempo e modo di discutere. A Bonomi non piace la pratica dei bonus a pioggia e suggerisce di puntare tutta la posta su pochi e ben definiti punti di forza come hanno fatto in Francia. Conte si schiera apertamente in favore di una più convinta politica di coesione – di genere, generazionale e territoriale – il che vuol dire, tra l’altro, premiare le attese del Mezzogiorno per una più incisiva politica di riequilibrio come nelle corde del ministro per il Sud Giuseppe Provenzano.
Accordi e disaccordi ci saranno ancora e faranno discutere. Oggi, ieri, le premesse del dialogo e l’impegno delle buone intenzioni. Comunque, tutti uniti nel contrastare fenomeni d’intimidazione come quelli capitati ai presidenti di Lombardia e Brescia, Marco Bonometti e Giuseppe Pasini, destinatari di pacchi bomba e proiettili. Bisogna restare concentrati sugli obiettivi e misurare le parole. La sfida per un’Italia migliore si vince anche così.