La Corte Costituzionale con sentenza numero 133 depositata nella giornata di oggi ha dichiarato illegittimo l’articolo 263, terzo comma, del codice civile. A detta della Corte, non è da considerarsi ragionevole, ad eccezione dei casi di impotenza, che il termine annuale per impugnare il riconoscimento del figlio decorra dal momento dell’annotazione dell’atto. Al contrario, questo deve avvenire piuttosto dalla scoperta di non essere il padre biologico.
Nel dettaglio si legge nel comunicato odierno, la Corte Costituzionale avrebbe evidenziato anche una “irragionevole disparità di trattamento tra chi può provare la propria impotenza e chi, pur non essendo affetto da tale patologia, abbia ugualmente scoperto la non veridicità della paternità biologica dopo un anno dall’annotazione del riconoscimento”. In quest’ultimo caso, il soggetto “si vedrebbe inibito l’accesso a un giudizio nel quale l’interesse alla verità biologica viene, comunque, sempre bilanciato in concreto dal giudice con l’interesse del figlio”.
CONSULTA: IMPUGNAZIONE RICONOSCIMENTO FIGLIO, SENTENZA
Tra gli altri aspetti sottolineati dalla Corte Costituzionale relativamente alla norma censurata, anche il fatto che a suo dire sarebbe irragionevole che il padre non coniugato potesse incontrare difficoltà nel sottarsi alla decadenza del termine annuale per l’impugnazione del riconoscimento rispetto a quanto riconosciuto al padre coniugato dall’articolo 244 del codice civile in merito alla decadenza del termine per il disconoscimento della paternità. La sentenza ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale rispetto all’azione di impugnazione del riconoscimento entro i cinque anni dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Per la Corte si tratta di un lasso di tempo troppo lungo tale da radicare il legame familiare e quindi “che la prevalenza dell’interesse alla stabilità dello stato di figlio realizzi un bilanciamento non sproporzionato fra gli interessi in conflitto”.