“Papi che bello, lo sai che grazie al coronavirus questi giorni possiamo stare insieme di più?”.
Sono partito dalla fine di questa storia perché così ci togliamo subito dalla testa l’idea che spetti a noi insegnare qualcosa ai nostri figli. Come spesso accade sono stati loro a darmi una lezione. Ma andiamo per ordine.
L’altra sera, quando stavo mettendo a dormire i ragazzi, mi sono trovato, come immagino tanti altri genitori, di fronte alla domanda su cosa fosse questo coronavirus, ma in realtà mi sono trovato di fronte a una domanda ben più grande: che cos’è questa nostra fragilità, papà? Per cosa vale la pena vivere se da un momento all’altro possiamo morire?
Scherzosamente mi chiedevano se fosse il virus del re e per fortuna non si leggeva paura sui loro volti.
All’inizio mi sono sentito un po’ come quando il prof del liceo diceva che spiegava, e invece prendendo il registro pronunciava il mio nome, ma sapevo che se mia moglie e io eravamo riusciti a trasmettere loro serenità e speranza in questi giorni, allora il 90% del lavoro lo avevamo già fatto.
Questo perché se i figli vedono i genitori spaventati, si spaventano, e se vedono i genitori aver paura anche solo di affrontare l’argomento, si terrorizzano! Ma non puoi fingere la speranza. O ce l’hai o non ce l’hai!
Per questo abbiamo provato a parlarne insieme, per raccontargli la situazione con il loro linguaggio, ma senza tabù. Galimberti suggerisce di non nascondere nemmeno i cadaveri agli occhi dei figli, perché a qualsiasi età hanno gli strumenti per affrontare qualsiasi situazione. Non capiranno tutto, ma impareranno ad affrontare la vita. Riporto qui sotto la conversazione avuta con Filippo (6 anni), Riccardo (4 e mezzo) e Diletta (1 e mezzo).
“Questo è un virus nuovo – gli ho detto – per questo ci spaventa, perché ciò che non si conosce fa un po’ paura. Vi ricordate l’altra settimana alla festa della vostra amica Myriam? Non conoscevate nemmeno un bambino e all’inizio eravate spaventati, ma dopo 5 minuti eravate diventati amici e avete giocato tutto il pomeriggio”.
“Ma è pericoloso?” mi ha chiesto Filippo.
“Vedi Fili, i grandi non sono abituati ad affrontare virus nuovi, per cui il corpo è impreparato e deve capire come combatterli. Per i bimbi invece tutti i virus sono nuovi, per cui non hanno problemi ad affrontarli e trovare il modo di sconfiggerli”.
“Ma i virus sono dei giganti?” è intervenuto Riccardo.
“No no, Kiki, anzi. Sono minuscolissimi”.
“Ah, come il vento”?
“Sì Kiki, come il vento”.️
Nel frattempo Diletta faceva la conta dei familiari, come per essere tranquilla che ci fossimo ancora tutti “Mami, Papi, Kiki, Pippi, Didi..”.
“E comunque non preoccupatevi, perché sono pochissime le persone che sono state contagiate e quasi tutte possono guarire”.
“Io non mi ammalo mai” mi ha risposto Riccardo.
“Negli ultimi due anni effettivamente non ti sei ammalato molto, ma da più piccolino sai quante volte?” gli ha risposto mia moglie Francesca.
“Comunque, Papi, che bello che grazie al coronavirus questi giorni possiamo stare insieme di più”.
“È vero Fili, che bello e che gran fortuna. Domani proviamo ad approfittarne un po’ di più!”.