Chi ipotizza un baby boom per l’isolamento “forzato” legato all’emergenza coronavirus si sbaglia. Per colpa della pandemia, anzi, ben 4.500 bambini non nasceranno. Sono quelli che sarebbero nati con la procreazione medicalmente assistita tra marzo e maggio. I cicli sono stati sospesi e ora il rischio per le donne over 40 a causa del rinvio è di non avere un figlio. Un’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza ha sospeso l’avvio di nuovi cicli, quindi le coppie prenotate che dovevano cominciare un percorso di fecondazione assistita presso i centri della fertilità dovranno rimandare i loro piani. Indifferibili sono solo le procedure per le pazienti già in trattamento «che devono effettuare prelievo di ovociti e trasferimento di embrioni» già programmati. Di conseguenza, secondo le stime di Antonino Guglielmino, presidente della Società italiana della riproduzione umana (Siru), non nasceranno 4.500 bambini.
CORONAVIRUS, IN ITALIA STOP A PROCREAZIONE ASSISTITA
Tutti i centri della PMA (procreazione medicalmente assistita) sono fermi, è stato interrotto il 98 per cento dell’attività, quindi hanno concluso il percorso solo le pazienti che avevano cominciato le cure di stimolazione ormonale, che è propedeutica al prelievo di ovociti. Sono ferme le importazioni di cellule riproduttive dall’estero che erano destinate alle coppie candidate alla fecondazione eterologa. Per le pazienti ultra 40enni è un grande problema, perché le percentuali di successo della PMA si dimezzano dopo questa età. «Sarebbe opportuno inserire tra le prestazioni indifferibili quelle che riguardano pazienti con certe caratteristiche. Prevedendo dunque delle eccezioni come avviene per le donne che devono eseguire il prelievo degli ovociti allo scopo di preservare la fertilità prima di chemioterapia», ha dichiarato al Corriere della Sera Ermanno Grego, direttore del centro European Hospital.
CORONAVIRUS, NIENTE BABY BOOM: MENO NASCITE
Il dibattito è aperto anche all’estero. Negli Stati Uniti ritengono che diminuirà il numero delle nascite. «Questo non è il tipo di momento in cui la gente dice: “Mettiamo al mondo un bambino”», ha dichiarato il professore Kenneth Johnson, sociologo e demografo dell’Università del New Hampshire, alla Cnn. In realtà già una serie di fattori – tra cui meno nascite, meno morti e meno immigrazione – stava creando un rallentamento della crescita demografica negli Stati Uniti. Se ci aggiungiamo ora l’emergenza coronavirus, lo scenario si concretizzerà. Il problema è anche economico: l’incertezza finanziaria spinge le persone a rimandare la decisione di avere figli, se non a rinunciarci. Dopo la Grande Recessione del 2007 il tasso di natalità è sceso e da allora continua ad essere in calo. «Il coronavirus non è un disastro paragonabile ad un uragano», ha dichiarato Rogelio Saenz, professore del Dipartimento di Demografia dell’Università del Texas. La questione è delicata negli Stati Uniti, perché sono vicini al fenomeno per il quale avranno più anziani che giovani.