COCAINA/ Un vaccino non dà risposte a chi è alla ricerca del senso della vita
Il fenomeno del consumo di cocaina è purtroppo ancora in aumento nel nostro Paese e la recente notizia dell’avvio in Italia di un vaccino è positiva, come ogni arma contro la diffusione di questa droga. Ma non è sufficiente. Come spiega ANTONELLO VANNI, bisogna combattere le radici del male che affondano nel nichilismo della modernità che fa credere che la vita non abbia significato

Un vaccino contro la cocaina? L’avvio in Italia della sperimentazione della terapia è stato annunciato da Giovanni Serpelloni nel convegno I risultati preliminari dello studio PCS: percezione del danno, comportamenti a rischio, significati attribuiti all’uso di cocaina organizzato dalla Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (FICT) a Roma lo scorso 28 novembre 2008. Secondo Serpelloni, direttore del Dipartimento delle dipendenze di Verona, l’applicazione di questa sperimentazione, avviata recentemente anche in Spagna, deve essere auspicata anche nel nostro Paese: «il vaccino anticocaina va portato avanti, perché può essere un valido strumento che si aggiunge al supporto psicologico, che resta tuttora l’unico in grado di contrastare il consumo». Dalle poche notizie rilasciate non risulta ancora chiaro se il vaccino, peraltro sperimentato al momento solo sugli animali, sarà utilizzato a scopo preventivo o terapeutico; ciò che si sa è che la sua azione sarà quella di inibire la sensazione di piacere determinata dall’azione della cocaina nel cervello, col risultato di evitare ai soggetti il ricorso a questa droga.
La validità della proposta è fuori di dubbio per almeno due motivi: il primo è che la battaglia contro la droga è una battaglia senza quartiere in cui tutte le armi utilizzabili sono benvenute; il secondo è che le neuroscienze hanno ormai confermato che la possibilità che un individuo cada nelle dipendenze dipende spesso da fattori intrinseci “terapeuticamente trattabili” come la predisposizione genetica, i tratti della personalità o del temperamento (si veda, a cura dello stesso Serpelloni, Marketing preventivo. Appunti per una nuova prevenzione del consumo di droghe [leggi qui]).
Vi sono tuttavia motivi di forte perplessità: si crede veramente di poter fermare con un vaccino il consumo della droga? La risposta è negativa, un vaccino sarà utile ma non basterà: l’essere umano non è solo un ammasso di cellule e di processi determinabili chimicamente bensì una realtà complessa, profonda e misteriosa che pone domande, vuole essere accolta, amata e ascoltata, e soprattutto è alla ricerca di risposte sul senso autentico della sua vita. E di fronte a questo mistero un vaccino è muto e indifferente.
Si può fare meglio e di più rispetto all’azione di questo vaccino? Molte volte le risposte ai grandi problemi sono più semplici delle tecniche di sintesi dei laboratori: per vincere la droga il punto chiave è la schietta, ma seria e autentica, attenzione educativa alle domande di senso che l’uomo pone. Lo dimostrano anche i risultati di un’interessante ricerca svolta in Inghilterra tra giovani considerati “pesanti consumatori di cannabis”, la droga più diffusa in Europa con la cocaina (la ricerca The impact of heavy cannabis use on young people. Vulnerability and youth transitions, a cura della Joseph Rowntree Foundation [scaricala gratuitamente qui]). Seguita sul lungo termine, la storia di questi ragazzi ha dimostrato che la prevenzione dà ottimi risultati se al primo posto viene messo l’ascolto da parte degli adulti delle reali esigenze espresse dai giovani. Innanzitutto è stata trovata una forte relazione circolare tra la modalità di consumo di droga e i momenti di passaggio verso l’età adulta: l’assenza di opportunità di crescita favorisce l’aumento dell’uso di sostanze psicoattive, che però a sua volta priva i giovani della capacità di accogliere in modo fecondo le opportunità positive eventualmente incontrate. Risultato ancora più importante per la nostra riflessione: la presenza di adulti capaci di fornire indicazioni valide per vivere il presente e motivazioni autentiche per proiettarsi nel futuro ha radicalmente modificato il comportamento di questi ragazzi, ormai considerati perduti o definitivamente svantaggiati, fornendo loro un progetto di vita credibile e desiderabile. La ricerca ha infatti registrato che anche questi giovani, consumatori quasi cronici di skunk (la famosa cannabis potenziata), hanno saputo diminuire o cessare autonomamente l’uso di questa droga quando è stata loro offerta la possibilità di un cambiamento reale, favorevole alla loro maturazione e accompagnato da proposte concrete e stimolanti riguardanti un presente o un futuro da adulti responsabili: iniziare un percorso scolastico a loro congeniale, diventare capaci di mantenersi in autonomia, di crescere professionalmente in modo dignitoso e di progettare la costruzione di una propria famiglia. E tutto questo un vaccino non è in grado di farlo.
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