YARA GAMBIRASIO/ Il cantiere di Mapello era la pista giusta, secondo il comandante dei carabinieri

- La Redazione

Secondo il capitano dei carabinieri che ha seguito il caso di Yara Gambirasio, la pista del cantiere di Mapello indicata dai cani era forse quella giusta. Ancora nessun coplevole

yara_R439 Yara Gambirasio (Infophoto)

Yara Gambirasio, ennesima riapertura di un caso che non ha mai avuto una fine? Dopo quasi due anni dalla scomparsa della ragazzina tredicenne ritrovata poi morta in un campo, quasi nessuno spera più si arrivi a identificare l’assassino (o gli assassini) di Yara. Nessuna traccia consistente, nessun sospetto ufficiale, solo l’analisi di migliaia e migliaia di dna che non hanno portato a nulla di concreto. Da tempo il magistrato inquirente sul caso viene criticato per la conduzione delle indaginii, numerosi sono anche stati gli scontri con i legali della famiglia Gambirasio e con i periti da loro nominati, che si sono viste chiuse le porte delle informazioni relative alle indagini. Adesso, per l’ennesima volta, si torna a dibattere del caso. Lo fa il capitano Giovanni Mura, ex capo del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Bergamo da poco trasferito a Parma. Mura è critico anch’egli sui risultati ottenuti fino ad oggi sul caso, e torna a parlare della pista originaria, scartata quasi subito, e cioè quella che portava al possibile luogo del delitto. Il cantiere di Mapello, che oggi non esiste più in quanto il cantiere è diventato il centro commerciale che si stava costruendo quando Yara venne rapita. Lì infatti portarono subito i cani molecolari, fiutando le possibili tracce della giovane. I cani, ha detto il carabiniere, difficilmente sbagliano. Il capitano dell’Arma ha rilasciato una intervista al Corriere della Sera dove esprime il suo dolore per non essere riuscito a risolvere il caso: “Ho cercato Yara come se fosse mia figlia, ho una ragazzina che ha la sua stessa età”. Ormai il tempo è agli sgoccioli: il 24 settembre infatti il gip deciderà se archiviare definitivamente la posizione dell’unica persona che è stata coinvolta come sospetta nel caso, il marocchino Mohamed Fikri. L’uomo venne infatti intercettato mentre si trovava su un traghetto diretto nel suo Paese a sostenere di aver visto cosa era successo a Yara. Poi si decise che si era sbagliato a tradurre le sue parole e venne lasciato andare in Marocco. Sono in molti infatti a sospettare che nel caso di Yara siano coinvolti lavoratori stranieri che al tempo erano occupati al cantiere di Mapello ma che poi hanno lasciato l’Italia. Mura però non è del tutto convinto che la traduzione di quanto detto da Fikri fosse veramente sbagliato: “Errori? Non lo so. Era stato fermato sulla scorta della traduzione di tre interpreti di lingua araba che avevamo scelto dagli elenchi della Procura. Per Yara non si poteva che individuare i migliori, gli stessi che sono stati utili per indagini, per esempio, sulla droga”. 

Sul fatto che Yara sia stata trovata nel campo di Chignolo, Mura dice che comunque nel cantiere di Mapello poteva essere comunque spassato qualcuno sul mezzo in cui ava caricato la giovane, oppure la persona che aveva fermato poco prima Yara. 





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