WHY NOT/ Saladino e Gatto non ricevettero favori: le motivazioni della sentenza
Sono state depositate le motivazioni delle sentenza di primo grado relativa al caso Why Not, il processo scaturito da un’inchiesta avviata nel 2007 dall’allora pm di Catanzaro De Magistris

Sono state depositate le motivazioni delle sentenza di primo grado relativa al caso Why Not, il processo scaturito da un’inchiesta avviata nel 2007 dall’allora pm di Catanzaro Luigi De Magistris, attuale sindaco di Napoli, per indagare su una presunta trama di rapporti tra imprenditori locali e politici nazionali. Il processo prese il nome dall’agenzia di lavoro interinale Why Not, e vedeva come principale imputato l’allora referente della Cdo Calabrese, Antonio Saladino; nell’inchiesta, inoltre, erano coinvolto personaggi come l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi e l’ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella. 150 pagine in cui vengono ricostruite ruoli e responsabilità dei 26 imputati sui quali i giudici del Tribunale collegiale (Presidente Antonio Battaglia, a latere Adriana Pezzo e Giovanna Mastroianni) si sono pronunciati, emettendo nove condanne a pene dai 3 anni e 6 mesi ad 8 mesi di reclusione, e nove assoluzioni; per altri otto i reati sono stati dichiarati prescritti. In particolare, è stata sottolineata, nelle motivazioni, l’assoluzione con formula piena dell’ex vicepresidente della Giunta regionale Nicola Adamo. Secondo l’impianto accusatorio, Antonio Saladino, condannato a 3 anni e 10 mesi, e Antonino Gatto avrebbero, in occasione delle regionali del 2005, stipulato un accordo illecito; avrebbero finanziato la campagna elettorale dell’ex presidente Agazio Loiero in cambio di provvedimenti legislativi volti a favorirli nelle proprie attività. L’onorevole Adamo avrebbe prodotto una norma intesa a facilitare la grande distribuzione su richiesta di Gatto. Tuttavia, i giudici si sono espressi in senso contrario all’ipotesi della procura, affermando che, come riportato dal Quotidiano della Calabria, «all’esito dell’istruttoria dibattimentale non è stata raggiunta la prova della penale responsabilità degli imputati in ordine alla fattispecie di reato loro ascritta». In particolare «non è possibile individuare neppure larvatamente alcun atto o provvedimento emanato personalmente dal soggetto politico o comunque da quello ispirato o determinato o a lui riconducibile volto a favorire gli interessi imprenditoriali del Saladino o del Gatto».
Nello specifico, rispetto all’emendamento attribuito ad Adamo e che si presupponeva in favore di Gatto, hanno concluso: Rispetto all’emendamento in questione, i giudici hanno affermato che non solo si può attribuire ad Adamo, ma non è neppure riconducibile a lui, né può, quindi, ritenersi il pagamento del finanziamento ricevuto
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