STATO-MAFIA/ Brusca: il destinatario del papello era Mancino
Giovanni Brusca, condannato per un centinaio di omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe di Matteo e di Falcone, ha rilasciato nuove dichiarazioni nell’ambito dell’udienza preliminare

Si aggiunge un tassello al puzzle della presunta trattativa Stato-mafia che, a seconda dell’attendibilità che si intende attribuire a chi ha prodotto le nuove rivelazioni, potrebbe considerarsi fondamentale o del tutto nullo. Giovanni Brusca, condannato per un centinaio di omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe di Matteo, di Falcone, di sua moglie e della sua scorta, ha fatto nuove esternazioni nell’ambito dell’udienza preliminare dell’inchiesta, di fronte al Gup di Palermo Piergiorgio Morosini. Secondo Brusca sarebbe stato Nicola Mancino, ex presidente del Senato e all’epoca dei fatti contestati ministro dell’Interno, il destinatario finale del papello; ovvero, del documento prodotto da Cosa nostra e contenente l’elenco con le richieste avanzate nei confronti dello Stato (tra cui ci sarebbero state la revisione della sentenza del maxiprocesso e l’abrogazione del regime di carcere duro previsto dal 41-bis, la previsione dei domiciliari dopo i 70 e l’arresto solo in flagranza di reato) come contropartita per porre fina alla stagione delle stragi dei primi Anni ’90. Il papello, sarebbe stato nella mani dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, a quanto aveva rivelato il figlio Massimo. Mancino, nell’ambito del processo, è attualmente imputato esclusivamente di falsa testimonianza. Sin qui ha dichiarato di non essere mai stato a conoscenza di presunte trattative. Contestualmente, Brusca ha anche fatto sapere che Cosa Nostra gli aveva ordinato di uccidere l’ex ministro Calogero Mannino; l’assassinio, così come le stragi, avrebbe rappresentato il tentativo di far pressione sullo Stato affinché assecondasse le richieste della mafia. In seguito, l’ordine sarebbe rientrato. La procura di Palermo ha accusato Mannino di aver trattato con la mafia, sapendo che, dopo Salvo Lima, sarebbe stato il prossimo. Brusca ha parlato anche di Lima, il referente di Andreotti nel Sud. Il pentito ha raccontato che sarebbe stato fatto fuori proprio per lanciare un messaggio al sette volte presidente del Consiglio. Secondo Brusca, Cosa Nostra considerava Andreotti e Lima tra i principali responsabili delle dure condanne inflitte nel corso del maxi processo.
«Nell’aprile ’92 non avevamo preferenze politiche e neppure indicazioni. Volevamo solo distruggere la corrente andreottiana», ha aggiunto Brusca, riferendosi all’assassinio precedente alle elezioni del ’92.
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