La giovane donna uccisa mentre prestava soccorso, è qualcosa che è rimasto impresso in tutti, un episodio tragico illuminato dalla bellezza del gesto della dottoressa morta a Trescore. Oggi la madre di Eleonora ha scritto una lettera al Corriere della sera, un modo per riflettere e ricordare ancora quella giovane vita spezzata. Ricorda, la signora Cantamessa, l’impegno totale della figlia che a sera tardi dopo giornate di lavoro sfinente trovava ancora la forza di rispondere al telefono a chi le chiedeva aiuto oppure telefonava in ospedale per sapere le condizioni dei suoi pazienti. ” l suo lavoro era la sua vita. Anzi non era un lavoro, era una missione. Me lo fa pensare quello che è accaduto. E più ci penso e più mi convinco che su di lei Dio aveva fatto un progetto preciso, che lei ha accettato e ha portato avanti compiendolo fino al sacrificio della vita” dice la mamma. Che ricorda come spesso la figlia diceva a lei e al marito: come farò quando voi non ci sarete più? Si domanda invece come faranno loro adesso che la figlia non c’è più: Eleonora, dice, viveva la carità. “La carità stessa per cui è scesa dalla macchina in quella strada buia in mezzo a un campo di «guerra», tra persone che non conosceva, gridando: «I am a doctor, be quiet». «Sono un medico, state calmi», scrive. Dice la mamma che quando Eleonora è morta lei era a casa a dire come tutte le sere il rosario. Dice di non provare rabbia per la persona che l’ha uccisa: “Lo chiamo «disgraziato» ma senza senso dispregiativo. È in disgrazia come me! E penso anche a quei quattro bambini orfani. La giustizia deve fare il suo corso. Credo invece che quella Divina abbia già provveduto con la sua misericordia. In questo momento mi piacerebbe che Eleonora ricevesse, attraverso la mia persona, una carezza da Papa Francesco, che lei ammirava proprio perché le assomiglia”. Infine cita i tre indiani che sono andati a casa sua per la veglia funebre a chiedere perdono per tutti gli indiani. Lei li ha abbracciati, dice, e spera che qualcuno in India se leggerà questa sua lettera penserà ai familiari dei nostri marò che sono a casa a piangere in attesa dei loro figli. La lettera finisce così: “Grazie Eleonora. Casualmente, avevo scelto per te quel nome. Poi, il ginecologo che ti ha aiutato a venire al mondo e aveva lavorato in Medio Oriente mi ha spiegato il suo significato. Deriva dall’ebraico «el» «nur». Luce di Dio.