Anna, una bibliotecaria 53enne di Roma, è la protagonista di una battaglia vinta ma anche di una storia esemplare destinata a dividere gli animi. Per la prima volta, è stata riconosciuta alla donna la possibilità, in quanto lavoratore, di potersi assentare per prendersi cura del proprio amico a quattro zampe, in caso di vera necessità, senza quindi dover prendere le ferie. Tutto ha inizio lo scorso febbraio, quando la 53enne chiede un giorno di permesso retribuito per gravi motivi di famiglia. La motivazione è legata alle condizioni di salute di Cucciola, la sua setter inglese di 12 anni, reduce da un intervento per carcinoma. Per questo scrive all’amministrazione motivando le sue necessità, ma il permesso le viene negato a sua insaputa. A distanza di tre mesi, la donna necessita di un nuovo permesso perché il suo adorato cane deve sottoporsi ad un ulteriore intervento delicatissimo per restringimento della laringe. “È stato allora che mi sono accorta che non mi era stato concesso il primo permesso e che mi avevano computato un giorno di ferie”, ha raccontato Anna al Corriere.it. E così è successo anche a maggio, di fronte alla sua seconda richiesta. Il concetto è semplice: non è possibile ottenere permessi retribuiti per assistere un cane. Un animale, di fatto, non è nello stato di famiglia, sebbene per la donna rappresenti a tutti gli effetti un membro della sua famiglia.
CASO OGGETTO DI DIBATTITO
Secondo alcune sentenze della Cassazione, chi non cura un animale può essere perseguito penalmente per abbandono e/o maltrattamenti. Sulla base di ciò e su consiglio del presidente della Lav, Gianluigi Felicetti, Anna ha inviato una raccomandata all’amministrazione per metterla a conoscenza di ciò. “Questa volta la mia richiesta è stata accolta”, ha commentato la donna, alla quale l’Università La Sapienza presso la quale lavora, ha richiesto una documentazione medico-veterinaria che comprovi le condizioni del proprio animale. Così facendo, i due giorni di ferie che le erano stati decurtati, sono stati trasformati in giorni di permesso retribuito. La sua testimonianza, ovviamente, rappresenta un caso emblematico ed oggetto di dibattito, come lo è stato nello studio della trasmissione La vita in diretta, su Rai1. Per il professor Umberto Broccoli, l’intera vicenda è apparsa piuttosto bizzarra. “Esiste una legge dello Stato che assicura assistenza familiare”, ha detto, “ma non metterei sullo stesso piano le persone con gli animali. Non penso che un padre che sta morendo sia sullo stesso piano di un animale che sta morendo”. A pensarla diversamente è stato John Peter Sloan che ha quasi messo sul medesimo piano l’uomo e l’animale. “Trovo bizzarro che sia applichi una norma che normalmente si applica alle persone ed ai familiari anche agli animali”, ha quindi rilanciato il professor Broccoli. “Io ritengo che la persona che soffre va aiutata, l’essere sofferente va aiutato, ma al tempo stesso esiste una differenza sostanziale tra un uomo e l’animale”, ha aggiunto.