SUOR MARIA VATTALIL/ Uccisa con 54 pugnalate: l’assassino assiste alla sua beatificazione

- Paolo Vites

La prima martire cristiana nella storia dell’India è stata beatificata lo scorso sabato, era presente anche il suo assassino che è stato perdonato e si è convertito

india-sister-rani_fb Un momento della beatificazione della suora indiana

Si può solo cercare di immaginare cosa passasse nella mente di Samunder Singh, sabato 4 novembre, giorno in cui si è svolta in India la beatificazione di suor Rani Maria Vattalil. La donna era stata massacrata con ben 54 coltellate da quell’uomo e davanti a oltre 10mila persone e quattro cardinali adesso è stata fatta beata. Tra il pubblico presente anche l’assassino, che in questi 22 anni si è pentito del suo gesto e scontata la pena è adesso in libertà. La famiglia della suora uccisa lo ha perdonato ed è considerato membro della stessa famiglia. La suora è la prima martire della storia del cristianesimo in India. Una volta diventata suora si era trasferita nella diocesi di Indore, occupandosi delle povere popolazioni tribali. Ma ai capi indù il suo lavoro non piaceva, ancora oggi, nel 2017, gran parte degli indù non accetta la presenza dei cristiani e gli atti di persecuzione nei loro confronti sono quasi quotidiani. Convinsero Samunder Singh, uno dei tanti poveri della zona, gli diedero un coltello e lo mandarono a uccidere la suora, probabilmente pagandolo per l’omicidio.

Che lui eseguì con la massima brutalità, piantandole 54 coltellate nel corpo. Ha passato 11 anni in carcere anche se era stato condannato all’ergastolo: è stata proprio la famiglia della suora trucidata a chiedere per lui la grazia. La sua conversione è accaduta improvvisamente, quando una suora, sorella della martire, è andata a trovarlo in carcere: lo ha abbracciato e chiamato fratello e il suo cuore si è aperto a Gesù. Quando, uscito di prigione, è andato dalla madre della suora che aveva ucciso, questa l’ha perdonato e gli ha baciato le mani perché, disse, “sopra c’è il sangue di mia figlia”. “Sono molto felice che ‘Didi’ (sorella maggiore) sia stata riconosciuta martire”, ha detto dopo la cerimonia di sabato. Ha poi detto di sentire ancora su di sé il peso di un “crimine così tremendo”, nonostante il perdono ricevuto dalla famiglia, anche se con gli anni è giunto alla certezza che “tutti i fatti che hanno portato al suo martirio sono stati la manifestazione della volontà di Dio”. Adesso l’uomo si dedica a tempo pieno all’assistenza dei poveri, come faceva suor Rani, e non teme di dichiarare che gli indù mettono nella povera gente idee completamente sbagliate sul conto dei cristiani.







© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori