IO, ESCORT PER PRETI E DISABILI/ Video, la confessione-manifesto: “vendo corpo, non svendo cervello”

- La Redazione

Francesco Mangiacapra, video: avvocato-escort gay di Napoli, tra i clienti preti, militari e disabili. La storia, i fatti e le accuse fatte dal gigolò più pagato di Napoli. ”Vendo corpo e…

scuola_libriR439 Immagini di repertorio (LaPresse)

Si chiama Francesco Mangiacapra ed è il gigolò più famoso (e pagato di Napoli): una storia ai limiti dell’assurdo che però racconta di come a volte la vita ti porti ad un esperienza-limite che continuamente vuole essere superato. E soprattutto ad un lavoro che non va come dovrebbe andare e per cui uno si ritrova impigliato nella “tentazione” di fare soldi semplici e diretti; parte da qui la storia di Francesco, raccontata nel suo libro che certamente farà discutere, “Numero uno – Confessioni di un marchettaro“ presentato pochi giorni fa a Napoli con una interessante intervista-video che racconta dal principio perché il “gigolò” più famoso di Napoli è diventato quello che è ora. «Perché un prostituto? Ho scelto di vendere il mio corpo per non svendere il cervello, nel senso che mi sono laureato in giurisprudenza e ho iniziato a svolgere la pratica forense. Non ho intravisto nessun tipo di prospettiva, né umana né economica, ed ero in un momento di crisi. Quella crisi è simile a quella di tanti miei coetanei. Rivendico la mia libertà e l’autonomia di disporre del mio corpo. Non è in alcun modo apologia della prostituzione né un voler infangare l’avvocatura. Il mio desiderio è solo la possibilità di rivendicare la mia libera scelta, questo perché credo che la dignità di una persona dipenda dalla propria morale, dalle proprie azioni, non da quello che abbiamo scelto come attività professionale». Un notevole “attacco” al mondo del precariato, che in particolare nel settore avvocatura porta i praticanti a guadagnare per almeno due anni cifre davvero irrisorie e disumane; questo non toglie il limite di quanto racconti Mangiacapra, non certo una modalità “consueta” di ovviare al problema. La prostituzione viene spiegata così: «Ho diversi amici di università che a differenza mia spesso stentano ad arrivare a fine mese o che ci riescono con sacrifici che io per fortuna posso dire di non aver affrontato. La prostituzione mi ha dato indipendenza, non è che sia orgoglioso o voglia vantarmene, e nemmeno pretendo che la mia scelta sia un esempio o si possa definire più furba di altre, sono semplicemente grato a questa professione. Ne rivendico la libertà. Non sono soldi facili, sono soldi più veloci». Per Francesco Mangiacapra, la ricetta è “semplice” anche se potremmo dire anche “aberrante”, e non per scherzo; «Ho vinto. Anche perdendo l’ingenuità. Non la dignità. Per quella ho riletto le regole con intelligenza, le ho mostrate alla gente e hanno capito. Ho imparato che non basta superare gli ostacoli e i limiti. Bisogna essere appunto il numero uno». Di sicuro fa riflettere tanto quanto fa discutere.

Quando nell’intervista all’avvocato-gigolò si avvicina la domanda sui clienti, arriva il commento forse più forte dell’intero libro che Francesco Mangiacapra ha scritto: «La clientela è varia, ci sono uomini, donne, coppie. Non esiste il prototipo del cliente, semplicemente perché il sesso, la trasgressione piace a tutti. La clientela maschile è la maggioranza. Per una donna trovare del sesso gratuitamente è più facile e non esiste il prototipo geografico.Il mio criterio sono i soldi, quando vedo le persone per me sono soldi che camminano. Se domani rivedo una persona che ho incontrato oggi non la riconosco perché non sono incontri personali, non do l’anima». Preti, disabili, militari, uomini sposati, ragazzini, sospettabili e insospettabili: praticamente tutti, anche se ovviamente fa più “rumore” la parte in cui parla dei preti, un capitolo intero del suo libro-verità sugli incontri sessuali; «Qualche prete mi ha richiesto di procurargli qualche minorenne. Io non condanno praticamente nulla tra persone adulte consenzienti, quello che condanno sono i preti. Il prete si erge a moralizzatore comune, ha la capacità di innescare nelle persone l’idea di peccato, quello stesso peccato che pubblicamente condanna e privatamente persegue. Ho avuto molti clienti preti». Fa anche nomi nel libro e di certo le accuse fatte avranno un seguito, anche se Mangiacapra non ha paura a dire la sua verità; resta quel passaggio, “io non do l’anima qui dentro, è solo il mio lavoro” su cui probabilmente si potrebbe fare un trattato intero per affrontare quel problema. Il problema di una dignità tutta da spendere fuori dal lavoro, visto il “lavoro” che oggi compie: non un’accusa ma una riflessione su come l’uomo (o la donna) possano “vendere” alla fine tutto, senza quasi neanche accorgersi. Corpo, anima o cervello che sia: siamo così certi che si possano “separare”? (Niccolò Magnani)







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