Un sacerdote che sbarrato la sua parrocchia perché all'ora della Messa non si era presentato nessuno, mentre un attore ha recitato il suo spettacolo senza spettatori. PAOLO VITES

Ha fatto scalpore qualche giorno fa la notizia di un attore, Giovanni Mongiano che, dovendo tenere il suo spettacolo al Teatro del Popolo di Gallarate, si è ritrovato a salire sul palco davanti a una platea completamente deserta. Non c’era un solo spettatore. Nessuno evidentemente era interessato a “Improvvisazioni di un attore che legge”, un monologo che in altri teatri era stato rappresentato già 70 volte. In sala solo la cassiera che a un certo punto si è anche allontanata per rispondere al telefono. I gallaratesi non amano il teatro? Cattiva pubblicità? Le ragioni possono essere diverse ma quando a Mongiano viene detto che in sala non c’è nessuno, lui risponde: “Vado in scena lo stesso, lo spettacolo stasera si farà”. Un’ora e venti di spettacolo, show completo. E’ stato un atto di amore per il teatro, ha detto poi, ma anche un gesto provocatorio e simbolico. Tanto di cappello a quest’uomo che con 45 anni di carriera ha recitato per sé stesso, per amore. 



Cambio di location. Siamo sull’isoletta delle Vignole sul Lido di Venezia. Una piccola comunità di residenti, una quarantina di persone. Domenica, giorno di Pasqua, il prete sta per salire sull’altare ma vede che in chiesa non c’è nessuno. Prende un foglio e scrive: “La messa è sospesa per mancanza di fedeli. Don Mario è disponibile su richiesta”. Lo attacca sulla porta e tanti saluti. Intervistato, il parroco don Mario Sgorlon dice che non è la prima volta che succede. Colpa della secolarizzazione dice: “Ormai va così. Non c’è più tanta gente che viene alle celebrazioni e, quindi, per evitare di restare io da solo sull’altare, ho messo l’avviso. D’inverno molto spesso non viene nessuno perché fa freddo, la gente si ammala e non esce di casa; una volta ci siamo trovati in tre. Insomma, celebrare così, non ha senso”.  



Nel documento della” Congreatio Pro Cleris” si legge che in nessun documento del magistero viene affermata la “stretta obbligatorietà per il sacerdote della celebrazione quotidiana della Santa Messa; ma è altrettanto evidente che essa viene non solo suggerita, ma persino raccomandata. Offriamo alcuni esempi. Il Codice di Diritto Canonico del 1983, nel contesto di un canone che indica il dovere dei sacerdoti di tendere alla santità, indica: «I sacerdoti sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il Sacrificio eucaristico». Nell’Esortazione apostolica post-Sinodale Sacramentum Caritatis del 2007, Benedetto XVI ha sottolineato: «La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica. […] Raccomando ai sacerdoti “la celebrazione quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli” (Propositio 38 del Sinodo dei Vescovi). Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione». Si parla della messa infrasettimanale, che tanti preti ormai saltano perché appunto in chiesa non ci sono fedeli: alla mattina presto si corre al lavoro, alla sera si arriva tardi sempre a causa del lavoro, almeno nelle grandi città.



Naturalmente non stiamo dicendo che don Mario non dica per se stesso la Santa Messa, ma chiudere una chiesa il giorno di Pasqua veramente fa venire dubbi. Forse che la Messa ha valore per il numero dei fedeli che vi partecipano o per quello che essa rappresenta? “Quanto il Figlio dell’uomo troverà la fede sulla Terra?” si chiede Gesù: può anche essere di no, ma Lui tornerà lo stesso e oggi torna ogni volta che un sacerdote innalza la Santa Comunione. Meglio chiudere le chiese anche a Gesù Cirsto? Viene in mente don Camillo inviato per punizione in una parrocchia deserta dove c’è solo la perpetua in cima a una montagna piena di neve, ma che si porta dietro l’amato crocifisso con cui dialoga e non rinuncia al suo ruolo di sacerdote celebrante anche se per la sola perpetua.

Quell’attore ha recitato senza spettatori “per amore”. Ancora di più, un sacerdote dovrebbe far Messa anche se da solo, per lo stesso motivo: per amore di Colui che viene attraverso il servizio del sacerdote stesso.