Quanto la scelta dell'eutanasia è libera e personale e quanto invece è influenzata da medici e parenti? Un caso specifico accaduto in America apre il dibattito
Ne abbiamo parlato su queste pagine, il caso di una ragazzina americana che ha forzato il proprio fidanzato a uccidersi. Malato di depressione, secondo le ricostruzioni, la ragazza lo ha convinto che morire sarebbe stata la cosa migliore per lui, che così non avrebbe sofferto, mandandogli sms in continuazione fino a quando lui non lo ha fatto. La difesa ha sostenuto fosse stato un gesto di compassione, l’accusa che lo avesse manipolato per poi mettersi in mostra con parenti e amici come “ragazza addolorata”. Il caso però, come fa notare in un suo articolo il sito Catholic News Agency, ha molto in comune con le leggi che regolano l’eutanasia e potrebbe aprire un precedente. Non si uccidono forse le persone malate che soffrono perché dichiarano (o avrebbero dichiarato) che desiderano morire? In Olanda e in Belgio si à già arrivati a casi di eutanasia giustificati con una depressione inguaribile. E, guarda caso, lo stato americano dove è successo l’episodio descritto prima, non ha una legge che riguardi l’incitamento al suicidio. Secondo Daniel Medwed, docente di legge e giustizia criminale alla Northeastern University, come ha detto a Usa Today questo caso costituisce un precedente, cioè criminalizzare coloro che mostrano di sostenere chi desidera il suicidio assistito (la ragazzina è stata condannata a 20 anni di carcere).
“Chiunque mostri di sostenere un proprio caro può essere considerato colpevole” ha detto. Per Tim Rosales invece, portavoce del Patient’s Rights Action Found, come ha detto alla CNN, il caso dimostra come negli episodi di eutanasia ci sono persone esterne che incitano il paziente a lasciarsi morire. “Che sia il rifiuto di un certo tipo di trattamento o il suggerimento di un medico o di un membro della famiglia contro la continuazione delle cure, tutte queste persone influenzano in qualche modo il paziente”. Il caso in questione dimostrerebbe quanto vulnerabili siano le persone che si trovano in particolari situazioni e quanto possano essere influenzati dagli altri. Concludendo: “I sostenitori del suicidio assistito dicono sempre che si tratta di una decisione personale presa dal paziente, ma è davvero difficile sostenere che sia così”. Il caso della ragazzina sta aprendo un interessante dibattito in America che sarebbe il caso di aprire anche nel nostro paese, vista la superficialità con si parla di eutanasia.