Papa Francesco e la crisi della sua vocazione: "anni fa faticavo a credere, pensavo che la vocazione fosse "fare le cose". Ma la preghiera mi ha aiutato e salvato. E quella telefonata.."
Papa Francesco è stato in crisi: anni fa la sua vocazione era vicina al crollare e sembrava che la forza dello Spirito Santo non avesse più “spinta” nelle giornate che si facevano lunghe, pesanti e senza via di uscita. Lo ha raccontato lui stesso nel recente incontro con i parroci di Roma in Basilica San Giovanni Laterano (qui il testo completo, ndr) sconvolgendo come spesso gli capita per la semplicità e tono “diretto” con il quale risponde alle tante domande che i sacerdoti e i fedeli li pongono. «Ho vissuto un tempo di grande desolazione, un tempo oscuro. Credevo che fosse già la fine della mia vita perché sì, facevo il confessore ma con uno spirito di sconfitta»; è molto interessante tra l’altro il motivo per cui Francesco si sentiva così “abbattuto”, «secco come un legno», diceva espressamente davanti ad una domanda sul ministero sacerdotale di un parroco della Capitale. «Perché? Perché io credevo che la pienezza della mia vocazione – ma senza dirlo, adesso me ne accorgo – fosse nel fare le cose, queste. Eh no, c’è un’altra cosa! Non ho lasciato la preghiera, questo mi ha aiutato tanto. Ho pregato tanto, in questo tempo, ma ero “secco come un legno”. Mi ha aiutato tanto la preghiera lì, davanti al tabernacolo», sottolinea il Santo Padre.
L’INVITO AI PARROCI E AI CONFESSORI
Questo non toglie al Papa, e come lui a tutti gli uomini di Chiesa, che si tratta pur sempre di individui umani con fatiche, limiti e mancanze: lo spiega Bergoglio in un altro passaggio dell’incontro con i parroci, «ho vissuto in modo molto oscuro, molto oscuro e sofferente, e anche con l’infedeltà di non trovare il cammino, e compensazione, compensare [la perdita] di quel mondo fatto di “onnipotenza”, cercare compensazioni mondane. E ancora il Signore, alla fine di questo tempo, mi ha preparato a quella chiamata telefonica che mi ha messo su un’altra strada», facendo riferimento alla chiamata di un Nunzio apostolico che lo chiamava in Argentina a divenire vescovo ausiliare di Buenos Aires. e una nuova missione nella vita della Chiesa. Non sappiamo i modi, i metodi o i momenti ma il Signore ci “sorprende” ponendoci davanti la libertà di riconoscere la Sua opera in azione anche in elementi apparentemente poco significanti, come una telefonata. Come scrive oggi Paolo Rodari, vaticanista de La Repubblica, «Bergoglio non arriva a dire di essersi sentito abbandonato da Dio. Tuttavia, il suo smarrimento è reale. Ma, confida ancora ai preti romani, per molti sacerdoti può essere così: ”È un momento aspro ma liberatorio. Quello che è passato, è passato”.
Dopo “c’è un’altra età, un altro andare avanti”», commenta sulle recenti parole del Papa a parroci romani. Il consiglio, anzi l’invito accorato rivolto ai giovani preti, è di quelli importanti e valgono come sempre anche a “richiamo” per tutti gli uomini di Chiesa. «Per favore, ai giovani: non perdersi nelle circostanze ma andare al nocciolo; a quelli di mezza età: non cadere nelle “ragazzate”; a quelli della nostra età, più grandi, della maturità: per favore non siate “vecchi verdi”; e a tutti: in dialogo con il mondo di oggi, discernere i segni dei tempi e vedere le cose buone, le cose che vengono dallo Spirito. E’ vero, il mondo è peccatore in sé stesso e mondanizza tante cose, ma forse il nocciolo viene dallo Spirito e si può prendere questo. Discernere bene i segni del tempo», chiosa Papa Francesco.
