TERREMOTO/ Cristo risorge tra umidità, burocrazia e promesse non mantenute
Di terremoto non se ne sarebbe parlato a livello di cronache nazionali se non ci avesse pensato la natura: 3,9 la scossa di ieri notte. Ma la speranza se ne va. FABIO CAPOLLA

La processione del Venerdì Santo procede lenta. Come accade in tanti paesi di montagna gli uomini si sono trasferiti dai tavolini del bar al camminare incessante, vestendo i tradizionali abiti della confraternita, per caricarsi sulle spalle la statua del Cristo Morto. Un lento incedere silenzioso, come silenzioso è il paese, ancora avvolto da angoli di macerie, transenne e impalcature che dovrebbero garantire la sicurezza di palazzi pericolanti.
Anche la chiesa è chiusa dopo il terremoto dello scorso anno. La messa da mesi si svolge nei locali commerciali sotto un palazzo di recente costruzione.
La processione del Venerdì Santo procede lenta. Come accade in tanti paesi della montagna abruzzese e in quella marchigiana, da sempre. Un rito che da secoli manifesta la devozione, il tramandarsi da nonna a nipote della vestizione a lutto in attesa di una Resurrezione che ora non è solo celeste ma anche terrena.
La processione del Venerdì Santo procede lenta. Anche a Isola del Gran Sasso, paese dominato dalla vetta del Corno Grande, paese che non ha ancora ricevuto risposte dopo il terremoto del 18 gennaio 2017. Non solo la chiesa è inagibile, il centro del paese è zona rossa, gli studenti sono emigrati per frequentare le scuole nei paesi vicini, i tanti pellegrini che arrivano al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, patrono dei giovani, non hanno motivo per scoprire il paese che è lì, a meno di due chilometri. Non c’è più nulla da vedere, se non il silenzio, l’immobilismo, che è più lento della lentezza della processione del Venerdì Santo. Tante chiacchiere, tanti impegni, tante promesse. Poi il nulla, il vuoto.
Di terremoto in occasione di questa Pasqua non se ne sarebbe parlato a livello di cronache nazionali se non ci avesse pensato la natura. Erano passate da poco le tre di notte, orario ormai purtroppo familiare per le popolazioni abruzzesi, tra il Venerdì e il Sabato Santo, che una scossa di terremoto di magnitudo 3,9 ha fatto sobbalzare tutti dai propri letti. Giusto per non dimenticare, per capire che il mostro che ha creato danni e vittime non è morto, ma è solo assopito.
E’ Pasqua, una Pasqua ancora difficile. Ad Amatrice c’è il pienone nei nuovi ristoranti che hanno trovato spazio riaprendo in strutture avviate dalla ricostruzione. Ma il terremoto, purtroppo, non è solo la pasta all’amatriciana, ma è fatto di gente, di persone, che non hanno più il contatto vero con la propria quotidianità, che hanno sofferto il freddo e l’umidità in alloggi di emergenza che sono poco meglio delle baracche, che fanno i salti mortali per arrivare a fine mese, perché non tutti hanno la certezza dello stipendio fisso a fine mese. Ci sono i pastori in montagna che vendono carne di alta qualità, che si trovano a dover combattere anche contro le campagne animaliste, proprio ora che c’è la maggior richiesta dell’anno da parte del mercato.
Un danno economico anche in materia di turismo. Le zone montane di Abruzzo e Marche, le abbazie, le chiese, erano meta di migliaia di persone per la tradizionale gita di Pasquetta. Argomenti non degni delle cronache nazionali, ma che evidenziano le difficoltà del quotidiano, anche quando il quotidiano si veste di festa.
Chi ha fatto festa per Pasqua sono state quarantuno famiglie di Valfornace, nella provincia di Macerata, che il 29 marzo hanno ricevuto la casetta dove poter andare a vivere. Dopo quattordici mesi trascorsi in situazioni di emergenza, lontano da cose care, lavoro e affetti. Tutto procede lento, più lento del passo delle donne pie addolorate dietro la statua del Cristo Morto. C’è quindi chi ha fatto festa, chi invece rimane ancora in attesa. Ci sono ancora 87 alloggi da completare e consegnare ad altrettante famiglie, che nel frattempo sono lontane. Si spera di completare il tutto entro la fine di maggio.
E di famiglie in attesa di un alloggio come quelle di Valfornace ce ne sono tante, non solo nelle Marche ma anche nell’intero cratere sismico. E se mancano ancora le cose di prima necessità come un tetto come si può pensare che la ricostruzione sia ben avviata? E se Errani ha preparato una legge sulla ricostruzione più complessa e burocratica rispetto a quella del sisma del 2009, e se ci sono edifici che hanno danni subiti nel 2009 e danni del 2016 e del 2017, come si può pensare di trovare soluzioni intelligenti, legali e soprattutto rapide?
La processione del Venerdì Santo procede lenta, con il dolore nel cuore ma con la certezza della Resurrezione. Chi vive nei paesi terremotati le speranze le perde, passo dopo passo. Con certa lentezza.
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