Ricordo l’ultimo giorno di scuola di terza media, la campanella, la fuga per le scale: finita! Gioia e sollevazione, come succede a tutti i ragazzi del mondo l’ultimo giorno di scuola. Eravamo così inebriati (e stupidi) io e un mio compagno che ci mettemmo a strappare libri e quaderni gettando i fogli per strada. Liberazione! Ovviamente non ci eravamo accorti che dietro di noi c’era un vigile urbano che ci prese rudemente per un braccio e ci costrinse a raccogliere anche l’ultimo pezzettino di carta. Ma il vero problema di quel gesto idiota non era aver sporcato le strade, come invece pensava il vigile che avrebbe come minimo dovuto denunciarci al nostro ex preside: era la distruzione di libri, quaderni, il materiale su cui avevamo studiato per tre anni. Quel materiale che milioni di bambini nel mondo non vedranno mai e che avrebbero invece raccolto loro, se fossero stati lì, e avrebbero rimesso insieme con lo scotch pur di avere un quaderno. Studiare è un lusso dei paesi ricchi (un po’ meno ricchi oggigiorno) da sempre, un po’ come il cibo. Noi europei e americani ci rimpinziamo da scoppiare, siamo quasi tutti obesi mentre milioni di persone al mondo fanno la fame. E quanto cibo buttiamo nella spazzatura. Per vivere, dicevano gli antichi saggi, ci vuole il cibo per la carne e quello per la mente: lo studio. Ma per noi privilegiati lo studio è una noia in più (colpa anche di tanti educatori).
LA FAVOLA DI HALIME CUMA
Per Halime Cuma, 11 anni, profuga siriana che vive nel quartiere europeo alla periferia di Istanbul, lo studio è una necessità irrinunciabile. Qualcosa che solo i suoi poveri genitori possono averle insegnato ad amare, anche se non possono permettersi di farla studiare come vorrebbero. Succede così che la bambina, ovviamente senza neanche rendersene conto, metta insieme le due più tragiche sciagure del nostro mondo occidentale in un gesto solo, come l’ha colta un passante che l’ha filmata: si infila in un cassonetto della (nostra) spazzatura e studia (mentre noi odiamo i libri). Un bisogno esistenziale il suo, imprenscindibile, insito in ogni essere umano, la passione per lo studio, il senso dell’avventura della scoperta di cose nuove che solo alcuni possiedono, quelli che non si sono fatti annichilire il cuore. La bambina (che ha sei fratelli più piccoli) si era abituata a frequentare quei cassonetti perché aiutava il padre a raccogliere la carta che contenevano per tirare su qualche soldo. Lì deve aver trovato qualche quaderno, qualche libro, e ha ripreso a fare quello che faceva in Siria, mentre cadevano le bombe, leggere e scrivere. Che lezione per noi annoiati occidentali. Da mostrare in tutte le scuole. (Qui il video che ha indignato il mondo)
Ps: la storia è arrivata fino al ministro dell’educazione turco che adesso, a spese dello Stato, l’ha fatta andare in una scuola normale. Chissà se un giorno ricorderà quella sua scuola strana e solitaria, in un cassonetto della spazzatura. Dove noi buttiamo via la nostra esistenza e il nostro cuore.