Sono passati due anni e due mesi dall’omicidio di Daniela Roveri. Un mistero che rischia di restare tale a fronte della richiesta di archiviazione del pm Fabrizio Gaverini, che aveva ereditato il fascicolo dal collega Davide Palmieri. Non è possibile chiedere un’altra proroga delle indagini, a meno che non emergano elementi importanti da far riaprire il caso. Neppure la scienza ha fornito spunti utili per provare a risolvere il giallo. E così restano molti interrogativi. Chi ha ucciso la manager di Bergamo? E perché l’ha ucciso recidendo la carotide con un colpo secco? C’è poi il mistero del cellulare, rimasto acceso un paio di giorni dopo l’omicidio, ma sparito insieme alla sua borsa. Silvia Armati, madre di Daniela Roveri lo scorso dicembre si era lasciata sfuggire solo una frase: «Credo sempre nella giustizia». Questo a dicembre, quando si era arrivati a due anni dalla brutale morte della manager. Un caso che rischia di restare irrisolto ora che incombe la richiesta di archiviazione della procura.
OMICIDO DANIELA ROVERI, SOLO INDIZI MA NESSUNA PROVA
Era il 20 dicembre 2016. Daniela Roveri, 48 anni, rientra alle 20.30 da lavoro. È responsabile amministrativa dell’Icra Italia Spa di San Paolo d’Argon, un’azienda specializzata in prodotti in ceramica. Parcheggia sotto casa, a Colognola, e pochi minuti dopo viene uccisa nell’ingresso del palazzo con una coltellata alla gola. Il killer agisce in pochi attimi: blocca la vittima con un braccio, forse tappandole la bocca, ma lascia due tracce organiche, su una guancia e su un dito di Daniela Roveri. Fugge portando con sé la borsetta, mai ritrovata, con dentro un iPhone. Nessuna svolta da allora nelle indagini. A nulla ha portato la pista concentrata su un amico della manager: aveva un alibi di ferro per l’ora dell’omicidio. Niente emerge dai rapporti di vicinato e dall’ambiente di lavoro. Viene riferita una presa di posizione in azienda contro l’assunzione di una nuova segretaria, ma nessun elemento concreto. Poi quelle due tracce, la firma dell’assassino. Ma da quel materiale organico emerge solo l’aplotipo Y, la componente per linea maschile del Dna. Spuntano affinità con una Dna ignoto, completo stavolta, trovato in un sacchetto non lontano dalla casa dell’omicidio di Gianna Del Gaudio, a Seriate. Ma neppure il coinvolgimento del Ris porta ad una svolta. Vengono effettuati confronti con vicini di casa, colleghi di lavoro e anche con la banca dati italiana del Dna, con profili noti e ignoti, ma il mistero resta.