Quattro persone sono indagate presso la clinica ex consolata di Borgo d’Ale, in provincia di Vercelli (Piemonte). Si tratta di due uomini e due donne accusati di maltrattamenti e abbandono di incapace. Fra i pazienti di quella clinica degli orrori vi era anche un anziano poi deceduto per cause naturali, che era stato trovato con delle larve di mosca nella trachea. Oggi, a Storia Italiane, noto programma di Rai Uno, vi erano i figli di Giovan Battista Donadoni, colui che è stato appunto trovato con le larve sul corpo: «Quando è stato portato al pronto soccorso l’infermiera mi ha detto “Sono 35 anni che sono qui e io non ho mai visto un caso del genere”. Aveva delle larve nella tracheotomia, la trachea era totalmente piena di larve. Penso che fossero ormai diversi giorni che non gli disinfettavano la trachea, lui praticamente respirava larve. Il giorno dopo ci ha chiamato la polizia sanitaria, che ci ha portato in questura e poi sono scattate le indagini».
CLINICA BORGO D’ALE: LARVE SUI PAZIENTI
Una situazione di degrado ma nel contempo anche di maltrattamenti, visto che l’anziano paziente veniva tenuto legato al letto nonostante non ve ne fosse bisogno: «Lo tenevano sempre legato – prosegue il figlio – perché si strappava la Peg, ma bastava mettere una panciera per coprire il tubicino: gliel’ho presa, ma poco dopo è sparita». I legali della struttura ovviamente rimandando al mittente ogni accusa: «Esclusa qualsiasi responsabilità della clinica nel decesso del signor Donadoni – le parole dell’avvocato Fausto Discepolo – la clinica rispetta tutti gli standard e lo hanno confermato anche i Nas. Le larve? Non è da escludere che si siano create al di fuori della struttura, basta aprire una finestra…». Una clinica, quella in questione, dove la retta era di 3000 euro al mese (di cui metà sovvenzionata dallo stato): «Mio padre continuava a farmi il segno con il braccio indicandomi la trachea – le parole dell’altra figlia di Giovan Battista – io non capivo cosa mi volesse dire perché già altre volte me lo aveva detto. Solo il giorno dopo ho capito cosa fosse successo. Lo hanno fatto soffrire».