Nuova svolta sul caso Consip sul fronte di chi ha svolto una parte considerevole delle indagini: davanti alla Sezione Disciplinare del Csm, il Procuratore Generale della Cassazione Mario Fresa ha chiesto di condannare il pm di Napoli Henry John Woodcock alla censura e la sua collega Celestina Carrano all’ammonimento. Si è tenuta oggi la prima fase del processo a carico dei due magistrati napoletani: entrambi sono accusati di aver violato i diritti di difesa dell’ex consigliere Consip come testimone (e per questo era senza difensore d’ufficio), mentre per l’accusa c’erano già tutti gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati. Non solo, a Woodcock è anche contestata una particolare intervista a Repubblica dove avrebbe contravvenuto al riserbo sulle indagini ancora in corso: «Per Woodcock sono stati confermati tutti i capi di incolpazione, per Carrano è stata chiesta la sanzione per la mancata iscrizione di Vannoni nel registro degli indagati e l’assoluzione per le modalità con cui era stato condotto l’interrogatorio», riporta l’Adnkronos.
LA DEPOSIZIONE DI WOODCOCK
Davanti alle accuse formulate e in attesa di una decisione del Csm, il sostituto procuratore della Procura di Napoli Woodcock ha rivendicato invece la sua piena correttezza nell’operato dell’inchiesta sui grandi appalti del Ministero (dove un filone finì per lambire l’allora premier Renzi, indagando il padre Tiziano e il braccio destro nonché Ministero Luca Lotti, ndr): «Ho sempre cercato di accogliere le parti private nelle vicende processuali con il sorriso, ho sempre pensato che il potere legato a questo mestiere debba essere esercitato con responsabilità e ho sempre immaginato l’angoscia e l’imbarazzo che prova chi entra in un palazzo di giustizia», ha raccontato il pm napoletano davanti ai giudici del processo disciplinare. Non solo, l’ex pm del caso Vallettopoli ha ricordato che «Vannoni arrivò sconvolto e trafelato’ e che per metterlo a suo agio ‘gli chiesi se voleva acqua, andare in bagno o a fare un giro. In generale abbiamo fatto il nostro lavoro in un contesto ordinario, ricordandogli che aveva l’obbligo di dire la verità», riporta ancora Henry John Woodcock davanti ai colleghi magistrati. Difendendosi sulle accuse per l’intervista a Repubblica, il pm ha spiegato di come si trattasse «di una conversazione salottiera con una giornalista amica da 20 anni (Liana Milella, l’autrice dell’articolo ndr) che gli aveva assicurato che non l’avrebbe mai pubblicata. Per questo lo considero davvero un tradimento».