Cucchi, Cassazione annulla condanne carabinieri Mandolini e Tedesco/ “Prescrizione”. Ilaria: “via la divisa”

- Niccolò Magnani

Processo Stefano Cucchi, Cassazione annulla la condanna per falso ai due carabinieri Mandolini e Tedesco: “scattata la prescrizione”. La reazione di Ilaria Cucchi e degli agenti depistati

Cucchi e Tedesco Processo Cucchi: la sorella Ilaria e il carabiniere "superteste" Francesco Tedesco (LaPresse)

SVOLTA SUL PROCESSO CUCCHI, SCATTA LA PRESCRIZIONE PER DUE CARABINIERI COINVOLTI: ANNULLATE LE CONDANNE

La Corte di Cassazione ha annullato le condanne per falso a due carabinieri coinvolti nei vari processi sulla morte di Stefano Cucchi, i militari Roberto Mandolini e Francesco Tedesco: il motivo è presto spiegato, condanne annullate per prescrizione. Nella serata di martedì i giudici della prima sezione penale hanno annullato senza rinvio la sentenza di Appello bis che visto condannare entrambi i carabinieri: 3 anni e 6 mesi per Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, e a 2 anni e 4 mesi Tedesco, il carabiniere “superteste” che con le sue dichiarazioni ha fatto riaprire le indagini sulla morte del geometra romano dopo i depistaggi conclamati del primo processo.

Il sostituto procuratore generale della Cassazione Antonietta Picardi aveva chiesto in sede di dibattito di dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi per prescrizione ma la sentenza è andata da tutt’altra parte: prescrizione scattata tanto per Tedesco, il quale però va detto è responsabile con il suo ravvedimento di aver riportato a galla la verità giudiziaria e processuale sulla morte di Stefano Cucchi, quanto invece per Mandolini, condannato per aver detto, scritto e deposto il falso.

LE REAZIONI DI ILARIA CUCCHI ALLE CONDANNE ANNULLATE A MANDOLINI E TEDESCO

«Roberto Mandolini. Colpevole e salvato dalla prescrizione». Lapidario il primo commento a caldo nella serata di ieri di Ilaria Cucchi, parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra e sorella del geometra morto a Roma ormai 14 anni fa. Con un lungo articolo poi uscito oggi sul “Domani” è ancora la sorella di Stefano Cucchi a sottolineare perché sia una «piena sconfitta della verità» l’annullamento della condanna al carabiniere Mandolini. «Roberto Mandolini nel 2009 era il comandante del manipolo di carabinieri che arrestarono e uccisero mio fratello Stefano. Nel corso dei processi li ha protetti, depistando, scrivendo e deponendo il falso», scrive sui social Ilaria Cucchi contestando la decisione della Cassazione.

Grazie a questi comportamenti, continua la parlamentare AVS, Mandolini è riuscito a ottenere la prescrizione: «riconosciuto colpevole, non sconterà la pena che gli sarebbe spettata. Dopo 14 anni di processi, 16 gradi giudizio, più di 160 udienze. I miei genitori in questo e di questo calvario si sono ammalati. Mia madre è morta l’anno scorso, mio padre lotta contro una malattia neurodegenerativa». Cucchi contesta poi anche le dichiarazioni di Mandolini sui social dove ritiene che la deputata sorella di Stefano «non è degna della carica che ricopre», ma Ilaria obietta «oggi indegno lui sicuramene non lo è. Per questo chiedo che l’Arma gli tolga la divisa». Sempre sul “Domani” Ilaria Cucchi di fatto “assolve” le responsabilità di Tedesco, l’altro carabiniere condannato per falso ma con le sue testimonianze utilissimo nel riaprire il processo: «Mandolini è il comandante del manipolo di carabinieri che hanno arrestato Stefano Cucchi il 15 ottobre del 2009, oggi è stato riconosciuto responsabile dei reati commessi ma dichiarato prescritto. Due di quei carabinieri pestarono a morte mio fratello. Il terzo, Tedesco, intervenne e lo chiamò inutilmente».

«È una sconfitta per la giustizia e la verità»: così Diego Perugini, avvocato di Nicola Minichini, uno dei tre agenti della Polizia Penitenziaria finiti sul banco degli imputati nel primo processo Cucchi e poi assolti in via definitiva per non aver commesso il fatto. «Anni di processi e depistaggi per una vittoria effimera. La Corte ha difatti confermato che i gravi illeciti penali sono avvenuti e hanno comportato un danno economico agli agenti di Polizia Penitenziaria», commenta l’avvocato concludendo che «proprio grazie ai depistaggi però la Giustizia non è arrivata in tempo, e gli autori se la sono cavata a buon mercato. Ma questa è una ferita che non si rimargina con una prescrizione».







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