Manzoni letto, anzi visto, con gli occhi di Giovanni Testori. È questo il tema di una mostra aperta a Lecco nella Villa del Caleotto, cioè in quella che fu la casa del grande scrittore sino ai suoi 20 anni. Una mostra dal percorso sorprendente, che sembra quasi seguire una regia teatrale, e che forse proprio per questo sta conoscendo un successo di pubblico aldilà delle aspettative. La Villa del Caleotto è quella dove la famiglia Manzoni si era insediata sin dalla metà del ’600. Qui era nato Pietro, il padre di Alessandro.
Qui si era sposato con Giulia Beccaria, che poi lo aveva lasciato per volare dall’amore vero della vita, Carlo Imbonati. E qui Alessandro aveva vissuto una giovinezza di continui contrasti con l’autorità paterna. Ma qui, dalla sua camera che da una parte si affacciava sulle montagne, San Martino e Resegone in particolare, e dall’altra vedeva l’Adda uscire dal lago, Manzoni incamerò le immagini e il mood che avrebbe poi messo molti anni più tardi nel suo grande romanzo. La mostra prosegue in questo scavo dentro le radici dei Promessi Sposi.
Infatti Giovanni Testori, studiando l’arte lombarda del ’600-’700 si era accorto di imbattersi in volti in cui aveva riconosciuto una prefigurazione dei protagonisti dei Promessi Sposi. Un’intuizione giustissima come si può riscontrare passando davanti a una decina di capolavori, da Ceruti a Fra’ Galgario, da Tanzio a Ceresa. Ogni ritratto è affiancato da una didascalia tratta da una pagina dei Promessi Sposi e da una citazione testoriana: la corrispondenza tra le parole e l’immagine ogni volta appare sorprendente.
Ma Testori non si era limitato a suggerire uno sguardo retrospettivo. Aveva cercato i segni di Manzoni anche dopo Manzoni, intercettando in particolare due grandi artisti: Giovani Segantini, interprete con il suo capolavoro (L’Ave Maria a trasbordo) dell’Addio Monti. Ed Ennio Morlotti, che negli anni ’50 aveva dipinto una serie straordinaria di quadri posizionandosi sulle sponde dell’Adda. La mostra propone perciò un itinerario attorno a Manzoni attraverso le immagini di cui lui era permeato e che lui, a sua volta, ha permeato. In questo modo la “pasta” umana dei suoi personaggi e del suo mondo balza all’occhio in modo indimenticabile.
Poi il copione della mostra prevede altre tappe in luoghi topici della stessa Villa. Nella Cappella, dove i genitori si sposarono e dove il padre è sepolto, si può ammirare il Trittico del toro di Giancarlo Vitali, pittore lecchese amatissimo da Testori: un trittico che è una metafora della Crocifissione. Nelle grandi e suggestive cantine invece va in scena la Monaca di Monza: il personaggio per il quale Testori aveva un debole e al quale aveva dedicato l’omonimo testo teatrale portato in scena nel 1967 da Luchino Visconti. Nella cantina si ricostruisce attraverso foto e video la storia di questa messinscena che vide regista e autore spesso ai ferri corti. La Monaca è anche un personaggio chiave del rapporto tra Testori e Manzoni.
Testori, infatti, quasi rimprovera l’autore dei Promessi Sposi di aver progressivamente messo da parte suor Gertrude; di non aver fatto compiutamente i conti con lei, dando il giusto spazio alla sua tragedia. È un rimprovero dettato dal grande rapporto di amore per Manzoni, come Testori dimostrò nel 1984 portando in scena il suo spettacolo di maggior successo, I Promessi Sposi alla prova.
La mostra è organizzata dall’Associazione Giovanni Testori e dal Comune di Lecco e resterà aperta sino al 30 gennaio. Nei prossimi tre sabati (15, 22 e 29 gennaio), l’Associazione propone eccezionalmente tre visite, guidate dai curatori della mostra (alle 15,30).
Per partecipare è necessario prenotare ([email protected] – Tel: 02.55.22.98.370/5).