La voce garrula di Walter Ulbricht risuona ancora dai filmati d’epoca presenti su youtube. Era il 15 giugno 1961 e il segretario generale nonché premier tedesco-orientale, rispondendo alla domanda di una giornalista, disse con una risatina beffarda che a Berlino «nessuno intende costruire un muro». Due mesi dopo, il Muro più famigerato della storia era già realtà.
A settembre, all’inizio dell’anno scolastico, in un clima di nervosismo cominciò in Germania Est (DDR) la campagna «La patria chiama: difendete la repubblica socialista»: i ragazzi dovevano offrirsi «volontari» per il servizio di leva biennale, mentre le ragazze erano tenute a partecipare al corso di servizio civile. Anche gli alunni della classe 12B del ginnasio «Fratelli Scholl» di Anklam, località nel nord della DDR, furono convocati quotidianamente dal direttore che cercava di convincerli della necessità di difendere la patria, altrimenti sarebbero stati giudicati indegni di proseguire gli studi.
La 12B era una classe modello che poteva fregiarsi del titolo di «Classe dell’amicizia tedesco-sovietica», e quel lunedì 18 settembre 1961, all’appello con l’alzabandiera, sarebbe stata lodata per la sua disponibilità a mettersi a servizio della patria, perciò era previsto il canto «Oggi è un giorno meraviglioso», un classico della Libera gioventù (FDJ). Ma il malumore serpeggiava già tra gli alunni della 12B, che considerarono la sceneggiata come una pubblica umiliazione, perciò si astennero dal canto e chinarono il capo mentre le altre voci si spegnevano e sul cortile calava un silenzio imbarazzato. Durante l’intervallo, su iniziativa soprattutto di Rainer Penzel e Frank Aweck, fu lanciata l’idea di venire a scuola, il mercoledì successivo, vestiti di nero «per dimostrare il nostro disagio». La proposta fu accettata e sostenuta anche dalle ragazze.
Quel fatidico mercoledì gli alunni della 12B entrarono in aula vestiti a lutto. Il gesto di protesta fu sottolineato ulteriormente quando all’intervallo passeggiarono tutti assieme in cortile con il capo reclinato: «Accompagniamo alla tomba il nostro futuro», risposero agli insegnanti che chiedevano conto di quello che ai loro occhi sembrava una trovata goliardica, e che replicarono ironicamente con frasi del tipo: «Beh, speriamo che anche i vostri voti non siano altrettanto neri!».
Un ragazzo era venuto bardato con un velo funebre che suscitò la curiosità di molti, durante l’intervallo passò di mano in mano finché finì sulla cattedra, e un’alunna vi depose sopra una caramella rossa, al gusto di lampone. La macabra composizione rimase lì come gesto di sfida fino all’ora di educazione civica, tenuta dal segretario locale del Partito, compagno Meier, il quale si limitò a spostare la messinscena senza darvi troppo peso.
Disgraziatamente era il giorno in cui il parlamento approvò la legge sulla difesa del paese, e il regime non poteva ammettere defezioni. La Stasi venne informata dell’accaduto, e nell’isteria di quei mesi il gesto di protesta fu considerato una provocazione da reprimere con forza. L’episodio fu trasformato in caso nazionale, lo stesso Ulbricht intervenne parlando di «aperta manifestazione antistatale».
Ispettori del Comitato centrale e del ministero dell’istruzione furono mandati in tutti gli istituti superiori della DDR per destare la «vigilanza rivoluzionaria» e scovare in ogni distretto «una piccola Anklam». Nel giro di un mese si moltiplicarono riunioni, prese di posizione e provvedimenti disciplinari: 45 insegnanti furono licenziati e 53 trasferiti, 159 studenti furono espulsi. Le epurazioni si svolsero anche all’interno dalla FDJ, con la sostituzione di 1.400 responsabili e l’espulsione di 900 giovani.
Penzel, Aweck e Otto Conrad (che aveva imbrattato con scritte «antistatali» l’aula di chimica), vennero fermati nei giorni successivi e processati a gennaio.
Dagli atti del processo, resi pubblici dall’Istituto che conserva gli archivi della Stasi, emerge tutta la lettura ideologica dell’episodio, collegato direttamente all’erezione del Muro: «Con le misure prese il 13 agosto, la pace è stata salvaguardata e si è assestato un primo colpo mortale ai guerrafondai e agli imperialisti tedesco-occidentali. Da allora il nemico cerca di far presa a livello politico-ideologico soprattutto tra i giovani in età scolare, inesperti della lotta di classe». I tre ragazzi furono definiti «complici dei guerrafondai tedesco-occidentali», rei di «attaccare le fondamenta ideologiche della repubblica», di istigare la classe ad assumere atteggiamenti «controrivoluzionari» e di «intraprendere azioni antidemocratiche». Gli imputati, secondo l’accusa, avevano addirittura l’intenzione di preparare «un movimento di massa contro l’esercito popolare e di istigare i giovani contro l’ordinamento socialista». Accecate dall’odio, le autorità tedesco-orientali non si accorsero di quanto fosse surreale sottolineare il fatto che l’episodio era accaduto in un istituto «che portava l’impegnativo nome dei fratelli Scholl»! Così Penzel fu condannato a cinque anni di detenzione da scontare nel carcere di Torgau, da dove uscì per buona condotta nell’estate del ’64; i due coimputati ebbero ciascuno tre anni e mezzo.
Anche l’innocente caramella al lampone sul velo funebre si era trasformata, agli occhi del regime, in un’irriverente rappresentazione della «morte della classe operaia»…