L “Los Angeles Times” una sociologa l’ha definito “uno degli aspetti più sconcertanti dell’espansione del capitalismo”. E’ il commercio di “pezzi staccabili dell’organismo umano”, e cioè gli ovuli che donne giovani e sane “donano” a coppie sterili per consentire la procreazione altrimenti impossibile. Donare è davvero un eufemismo ipocrita poiché queste giovani donne, per lo più studentesse universitarie, vengono ingaggiate a decine di migliaia di dollari. Ma è tutto il linguaggio di questo settore di mercato ad essere falso: sottoponendosi a terapie d’urto per sovraprodurre ovuli, le donne compiono un atto di “altruismo”; e le cliniche o le agenzie che fanno da intermediarie hanno nomi come “Baby miracles”, “La gioia” e così via. In realtà si tratta appunto di commercio, di legge dell’offerta e della domanda. E’ dilagato negli Stati Uniti, ed in particolare in California, dove c’è una forsennata richiesta di “donatrici” asiatiche ed ebree: le prime perchè sono moltissime le coppie orientali, persino in arrivo dalla Cina, alla spasmodica ricerca di un figlio; le seconde in quanto “intelligenti, istruite e competenti”. In questi casi i prezzi salgono, poichè l’offerta è più rara, e arrivano anche a cinquantamila dollari. Di questa storia si occupa il documentario “Eggsploitation” in programmazione stasera nella rassegna “Storie dal Mondo” alle ore 19 (sala Neri), realizzato negli Stati Uniti da Jennifer Lahl. Insieme al fenomeno in sè, che da qualche tempo è conosciuto anche nell’Est europeo e in Spagna, quel che impressiona è che la salute delle donatrici è di fatto considerata una variabile dipendente. Non ci sono studi in proposito, e non è un caso, ma sono diverse le situazioni, e alcune vengono emblematicamente proposte nel lavoro dell’autrice canadese, in cui le giovani subiscono le pesanti conseguenze delle terapie intensive ormonali cui vengono sottoposte. Se ne parlerà stasera con la stessa film maker.