Il percorso dall’aeroporto al centro è un viaggio a ritroso nella storia a Sarajevo: i condomini giganteschi dell’età comunista, alcuni ancora con i buchi delle granate dell’ultima guerra, lasciano spazio lungo il viale principale cittadino agli edifici eleganti dell’età austro-ungarica, che a loro volta conducono al cuore della città vecchia, la città bassa, dell’epoca ottomana, dalle antiche moschee. Qui, nella città che documenta nella sua architettura la storia straordinaria di cui è stata protagonista, “simbolo del XX secolo” per Giovanni Paolo II, si tiene lunedì 16 e martedì 17 giugno il Comitato internazionale di Oasis sul tema “Tentazione violenza. Religioni tra guerra e riconciliazione”.
Come ogni anno, per l’incontro annuale, verranno da tutto il mondo, cristiani e musulmani, accademici, religiosi, esponenti della società civile, per un approfondimento condiviso a partire da esperienze e competenze diverse, su un tema di drammatica attualità. Le notizie da prima pagina che giungono oggi dal Medio Oriente, in particolare da Iraq e Siria, documentano a che punto può arrivare la pratica della violenza di gruppi che operano sistematicamente allo scopo di costruire la loro idea di Stato islamico, senza alcuna considerazione del prezzo in vite umane che comporta.
Proprio per leggere questi fatti, evitando il rischio del “presentismo”, ma innestandoli nella storia, Sarajevo si rivela quale luogo privilegiato. È la capitale che celebra in questo giugno l’anniversario dell’attentato che ha innescato la prima guerra mondiale. Il conflitto non ha solo scompaginato il volto dell’Europa e rivoluzionato la guerra in sé, ma ha provocato un’onda d’urto che, con la caduta dell’impero ottomano, ha di fatto ridisegnato un nuovo Medio Oriente, ponendo le premesse per la nascita dell’islam politico e del nazionalismo arabo, due questioni centrali per accostare le dinamiche mediorientali attuali.
Accanto a questo ambito tematico, Oasis affronterà anche la ferita della “violenza religiosa”: dalla Nigeria all’Iraq alla Siria la scia di sangue che produce non può lasciare indifferenti, così come chiede una riflessione la reazione che i rapimenti, i massacri, le guerre religiosamente argomentate provocano in Occidente, alimentando il sospetto che il germe di tutta questa violenza stia al cuore delle religioni stesse, soprattutto quelle che credono in un Dio Unico.
E ancora sul tema della “tentazione violenza” Sarajevo può offrire l’esperienza della guerra degli anni 90, la cui memoria si avverte ancora fresca sulle pelle della gente di qui. Una guerra civile alimentatasi anche di un riferimento etnico-religioso, un caso con cui fare i conti per capire come e fino a che punto la violenza diventa una forza autonoma che sfugge al controllo di coloro che si lasciano da essa contaminare.
I lavori saranno aperti dall’intervento del card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano e presidente di Oasis, dal saluto del card. Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo e del capo della comunità islamica di Bosnia-Erzegovina, il Reis-ul-ulema Husein ef. Kavazović.
Seguiranno poi i contributi di esperti di varia provenienza: Asma Afsaruddin, dell’Indiana University, che tratterà della tradizione islamica classica sulla guerra e sulla pace e delle implicazioni oggi; Mathieu Terrier, dell’École Pratique des Hautes Études di Parigi, sulla “guerra per Dio” nell’Islam sciita; Ugo Vlaisavljević, vicerettore dell’Università di Sarajevo, che anche a partire dall’esperienza del suo Paese rifletterà su come le guerre modificano le identità dei popoli che ne sono coinvolti; Henri Hude, dell’Accademia Militare Saint-Cyr Coëtquidan di Parigi, che illustrerà come è cambiata la guerra dopo la caduta del Muro; Bernard Perret, allievo di René Girard, che ripercorrendo la tesi del suo maestro analizzerà il nesso sacrificio-violenza; Javier Prades, rettore dell’Università San Dámaso di Madrid, che farà luce sul rapporto tra i monoteismi e la violenza. Il secondo giorno sarà dedicato anche ad alcune esperienze particolari: Fikret Karćić, della Facoltà di teologia islamica di Sarajevo, illustrerà il profilo dell’islam in Bosnia, Ramin Jahanbegloo della York University, iraniano-canadese, presenterà la figura del Gandhi musulmano, Tarek Mitri, rappresentante dell’Onu in Libia, tenterà di fare luce sul caos libico, il card. George Alencherry, arcivescovo di Ernakulam-Angamali, testimonierà la vita dei cristiani in Kerala, mentre mons. Matthew Kukah, vescovo di Sokoto in Nigeria, farà conoscere il vero volto di Boko Haram.
Una buona parte dei contenuti del comitato sarà ripresa e ulteriormente approfondita nel prossimo numero della rivista semestrale Oasis (quattro edizioni linguistiche diverse, italiano, francese-arabo; inglese-arabo; inglese-urdu) mentre già nei prossimi giorni, tramite la newsletter sarà possibile leggere alcuni estratti degli interventi della conferenza.
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Per i dettagli del programma: www.fondazioneoasis.org