Mentre vediamo come gli ultimi avvenimenti abbiano messo sottosopra la vita sia dei russi che degli ucraini, dobbiamo imparare ad avere un criterio che non sia soltanto di critica in favore dell’uno e di condanna dell’altro, ma sia un modo per rilevare ciò che c’è di positivo e, comunque, dare un giudizio che dipende dalla fede e non dal sentimento nazionalistico.
Ecco le parole di Ol’ga Sedakova: «Dopo l’occupazione della Crimea da parte del governo russo, è scoppiato un patriottismo che sembra aver cambiato il volto della Russia».
Indubbiamente, c’è qualcosa in cui non possiamo riconoscerci, perché ogni volta che un valore anche giusto come il patriottismo viene elevato a valore superiore a tutto e tutti, stiamo sbagliando ed è giusto condannare un patriottismo esasperato che si antepone alla figura stessa di Cristo, che esalta la figura di Stalin perché ha fatto grande la Russia, trascurando che ha ammazzato 40 milioni di persone. La grandezza politica di una nazione non può mai assurgere a criterio di valore per giudicare tutto. Ma ora questa è la cosa meno importante per noi, che invece vogliamo e dobbiamo sottolineare che, anche in queste situazioni sicuramente tragiche e drammatiche, è sorta una voce che sembra ricordare quella del samizdat. E la nostra non è soltanto simpatia, ma è il riconoscimento che lì si manifesta un criterio di fede e noi non abbiamo nessun altro criterio.
Ad esempio, Ljudmila Petranovskaja scrive: «Sono in corso processi molto complessi. Non vale la pena discutere su opinioni diverse, perché la persona è più importante delle nostre opinioni». Questa è una profonda convinzione del samizdat, che il valore fondamentale della società è la persona e non la nazione, né lo stato, né la politica. È un valore da tener presente anche per l’Occidente, perché se da noi la crisi è altrettanto profonda di quella in Oriente, anche qui la persona è subordinata ai valori politici. E soprattutto ci conforta sapere e vogliamo sottolineare che anche in questa confusione di nazionalismo esasperato ci sono persone che hanno intuito dove sta il valore fondamentale.
Il pericolo è di creare schieramenti diversi in nome di opinioni diverse e, se vero che devono essere rispettate tutte le idee, noi rispettiamo anzitutto i criteri dati dalla fede. E anche per noi è importante rilevare che la tradizione del samizdat non è morta del tutto. Magari sono poche le persone che in Russia e in Ucraina hanno ripreso questo valore fondamentale della società, però anche gli esponenti del samizdat non sono mai stati maggioranza nel popolo, che invece accettava supinamente la situazione.
Questa non è una scelta opinabile, perché è dettata dalla fede oltre che dall’esperienza personale. Non si tratta quindi semplicemente di individuare il colpevole per prenderlo di mira, perché anche i nostri giornali parlano dello zar Putin eccetera, dicendo anche cose giuste, ma che non tengono conto delle realtà più belle.
Invece, la Petranovskaja dice: «Siamo tutti colpevoli e tutti vittime». Questo ci ricorda le parole di un dissidente: «Se la Russia è quello che è, è perché io sono quello che sono». Quindi c’è un’assunzione di responsabilità e non semplicemente una condanna, mentre quando ci si limita a condannare, si aggiunge solo male a male e la critica da sola non cambia mai nulla.
«Siamo tutti carnefici e tutti vittime, nessuno è soltanto carnefice o soltanto vittima». Questo vuol dire che siamo tutti responsabili. Al contrario, basta che gettiamo un occhio alla politica italiana, e vi ritroviamo quel radicato costume del comunismo di intravedere sempre un nemico, di ritenere che la causa del male sono sempre gli altri, la destra, o la sinistra o il centro, mentre io sono sempre a posto e chi sbaglia sono sempre gli altri.
Nessuno di noi è a posto, c’è sempre qualcosa da fare e da rimediare, perché la nostra conversione non è mai completa. Un vescovo greco-cattolico rumeno, Virgil Bercea, vescovo di Oradea, dice: «Sia la Russia che l’Ucraina risentono le conseguenze dell’ateismo sovietico, sia la Russia che l’Ucraina hanno dimenticato di essere cristiane». Questo è il fatto: quando ci si dimentica di essere cristiani, al posto di Cristo si innalza qualche idolo, in questo caso la nazione, ma anche tanti altri.
Elena Kadyrova, anche lei credente, scrive: «C’è un’unità comune che ci può riunire». Ci vuole del coraggio per dire in questa situazione che non è la grandezza dello stato, di Mosca o di Kiev, che ci può riunire, ma qualcosa di più grande: «Ciò che è veramente umano, e soprattutto ciò che è cristiano, questo sì riunisce. Le crisi negative hanno tutte la loro radice nell’aver dimenticato Cristo come valore assoluto». Questa considerazione è valida non solo per loro, ma anche per noi, perché non realizziamo la nostra umanità, se ultimamente non poniamo Cristo al primo posto.
Ancora la Kadyrova aggiunge: «È necessario più che mai compiere un gesto personale, che non è un gesto politico, ma perché questo è il modo migliore per edificare la società. Il principio personale più assoluto è quello di Cristo. In Cristo Occidente e Oriente non sono due mondi divisi − è una citazione, che fa propria senza indicare la fonte −, rappresentano piuttosto due civiltà, due mentalità distinte destinate a completarsi vicendevolmente nella Chiesa, ma se togliamo Cristo a questi due mondi, non ci potrà essere capacità di unirsi».
È bello che venga evidenziato questo punto che dovremmo fare anche nostro, senza schierarci da una parte o dall’altra, cosa che non produce altro che irresponsabilità e abitudine a condannare. Il richiamo a Cristo può sembrare retorico, espressione di uno spiritualismo astratto dalla realtà, mentre lei sottolinea giustamente che è l’unico modo per essere concreti e risolvere i problemi sia politici che sociali.
Svetlana Panič, una storica e credente ortodossa, scrive: «Dimenticare che noi siamo re, ha generato in tutti la paura».
Siamo re, perché Cristo ci ha resi tali. Questa non è superbia, ma è riconoscere la verità che Cristo ci ha portato. Anzi, è vera umiltà che parte dalla consapevolezza di essere grandi e da qui deriva la nostra responsabilità.
«Mi sembra che non sia il momento per denunciare, ma piuttosto di ridare la speranza e di essere compassionevoli (Com’è bella la misericordia!). Quando domina la critica nel nostro parlare come nel giudicare sbagliamo sempre, perché manca l’amore». Qui vi ricordo l’espressione di Florenskij che la “Verità si esprime nell’Amore e l’Amore fiorisce in Bellezza“.
Una critica che si ferma alla critica è sempre infeconda, è perder tempo e fare del male.
Da ultimo cito Nadežda Voskrešenskaja, un’ortodossa che fa parte della nostra comunità in Ucraina, che ultimamente era a Kharkov insieme ad Adriano, sua figlia Caterina, Filonenko e Nembrini. Lei dice: «Ho visto il Majdan per la prima volta a gennaio il giorno prima del massacro; sono tornata a marzo e infine dopo Pasqua. Il Majdan c’è ancora e si estende sempre di più fra la gente che ha piantato le tende non per criticare, ma per pregare insieme, per riconoscere i nostri difetti, per richiamarci all’essenziale. Il Majdan oggi è un luogo di memoria, di suffragio, pieno di fiori e lumini, dove si continua a sperare e pregare. Fascisti io non ne ho visti, neppure con i miei amici. Questo è nella realtà, sui giornali tutto è diverso».
Dalle notizie sui giornali sembrava che dopo i primi giorni quelli del Majdan si fossero fermati e adesso si pensi a tutt’altro; invece il Majdan continua. È strano che la stampa non ne parli, ma per noi è più importante di tutto il resto.
Continua la Voskrešenskaja: «Il triduo di Pasqua l’ho passato a Kharkov con gli amici russi, italiani, ucraini e bielorussi. Abbiamo festeggiato davvero, perché Cristo era una speranza che è risorta. La gente era tranquilla. Ho visto le manifestazioni dei filorussi, 2-300 su una città di un milione e mezzo di persone, una manifestazione del tutto tranquilla. Ho pure visto le manifestazioni pacifiche dei filoucraini, sollecitate soprattutto dalla nostra gente: erano 7mila persone, che hanno organizzato un gesto di preghiera per la pace (non si sono riuniti per andare contro i filorussi, ma per pregare per la pace). C’erano sacerdoti cattolici di rito greco e latino, ortodossi di diversi patriarcati, protestanti e musulmani. Il comizio di preghiera è stato organizzato anche dalla nostra gente».
Questa è la novità che dobbiamo tener presente, senza lasciarci impressionare dalla stampa, perché sia a destra che a sinistra non fanno altro che condannarsi vicendevolmente. Noi invece dobbiamo sottolineare gli aspetti di continuità del samizdat, che è stato una grande lezione per noi e un grande aiuto per la Russia e che anche in questa situazione di crisi, se si estende, e se anche dovessimo sostenerlo, potrebbe essere il mezzo per uscirne con delle positività.