Il 2 marzo è stato presentato a Roma, in anteprima mondiale, il film della regista Liliana Marabini Shades of Truth (Sfumature di verità), dedicato a quanto fece Papa Pio XII per contrastare la persecuzione antiebraica. Già ieri mattina, il Corriere della Sera titolava: “Pio XII, uno Schindler in Vaticano. Il film che turba gli ebrei e gli storici”. Il titolo di oggi è: “Caso Pio XII. L’Osservatore Romano boccia il film”.
Dunque, il quotidiano della Chiesa nega che Pio XII abbia salvato migliaia di ebrei? Ed ecco quanto scrive l’Osservatore Romano: «Dal punto di vista storico, siamo ai minimi termini, anche se qua e là filtrano, ovviamente, spiragli di verità. Ma è nel tentativo, francamente maldestro, di dare forma drammaturgica al tutto, che l’autrice rende il prodotto complessivo ingenuo e di conseguenza poco credibile».
Avendo io scritto O la Croce o la Svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo (Lindau, 2009, ndr), penso di poter interloquire. A chi mi chiese che cosa mi aveva spinto a scrivere O la Croce o la svastica, risposi a suo tempo che nel mio archivio di giornalista di lungo corso avevo del materiale, anche inedito, che non poteva più restare tra le carte polverose. Un esempio per tutti: le confidenze che mi fece nel 1983, un anno prima di morire, il generale Karl Wolff, comandante in capo delle SS in Italia durante l’ultima fase della guerra, l’ufficiale che aveva avuto da Hitler l’ordine di rapire Pio XII e rinchiuderlo in una fortezza del Liechtenstein. Oppure le interviste che realizzai a suo tempo in Germania incontrando i maggiori superstiti dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 (l’Operazione Walkiria), allorché scoprii che la partecipazione degli ambienti cattolici alla congiura per uccidere il dittatore nazista era stata molto più intensa ed importante di quanto si potesse immaginare.
Tutto questo, collegato con le polemiche sull’atteggiamento di Papa Pacelli verso il nazismo (che, come si vede, non accennano a placarsi), mi pose nelle condizioni di fornire la mia testimonianza per mettere finalmente un punto sicuro sulla vicenda. E questo punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di contribuire al salvataggio di non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, consistente in oltre 4mila religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei lager nazisti.
Il primo religioso tedesco a finire in un lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». E il primo ad essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme ad un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Ho l’ambizione di aver raccontato la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo chiudendo la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il Papa che Reinhard Heydrich — il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» — in un rapporto segreto definì «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali».
Nel libro ho raccontato anche i due enigmi che ancora avvolgono la vicenda di Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. Altri capitoli dedicai alle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista; ai non pochi ebrei, anche famosi, scesi in campo in difesa di Pio XII, un Papa ingiustamente diffamato; ed anche, per una informazione completa ed obiettiva, ai sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
Del resto, le vere intenzioni di Hitler nei confronti del cattolicesimo si manifestarono subito.
1 febbraio 1933: Hitler va al potere e s’impegna a «proteggere fermamente il cristianesimo». Poco dopo, seguendo l’esempio di Mussolini, firma il concordato con la Santa Sede. Ma ben presto rivela le sue vere intenzioni. Una serie di soprusi e violenze ai danni della Chiesa cattolica tedesca spinge Pio XI a promulgare l’enciclica Mit brennender Sorge. L’assassinio del presidente dell’Azione Cattolica di Berlino segna l’inizio di un’autentica persecuzione: soppressione delle scuole cattoliche, chiusura della stampa confessionale, arresto dei suoi direttori, ondata di processi-farsa contro il clero. In Austria, dopo l’Anschluss, si arriva al saccheggio e all’incendio delle scuole cattoliche e del palazzo arcivescovile. Negli stessi anni, una persecuzione ancora peggiore, caratterizzata da un atroce spargimento di sangue, colpisce il clero cattolico nella Spagna repubblicana, dove l’esercito si è ribellato al governo filocomunista spalleggiato dalla Russia sovietica, dando inizio alla guerra civile.
In Germania, fu Clemens von Galen, futuro beato, vescovo di Muenster, ad assumere un ruolo fondamentale nello schierare la Chiesa cattolica tedesca contro la dittatura nazista. Accanto a lui, il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, suo cugino primo. Furono essi a dare inizio ad una lotta senza quartiere, da parte delle organizzazioni cattoliche, contro Alfred Rosenberg e il suo «Mito del XX secolo», il razzismo. Il segretario di Stato vaticano, Eugenio Pacelli, già nunzio apostolico in Germania, inviò ben settanta note di protesta al governo di Hitler mentre i vescovi tedeschi, riuniti alla conferenza di Fulda, pronunciarono una condanna definitiva nei confronti del «neopaganesimo del sangue e della razza».
Del pari, parole inequivocabili di condanna del nazismo erano contenute nei due radiomessaggi pronunciati dal Pontefice in occasione del Natale del 1941 e del Natale 1942. Ma già nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, con l’enciclica Summi Pontificatus, Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo sull’Osservatore Romano, in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale».
Questi, ed altre decine di elementi di prova della tenace azione svolta dalla Chiesa contro il nazismo non sono bastati a sgomberare il campo dai dubbi e dai sospetti. Così come non sono bastati i dieci libri che suor Margherita Marchione ha dedicato a raccogliere e catalogare le prove del soccorso prestato dal Papa agli ebrei. Il Congresso mondiale ebraico ha infatti chiesto alla Chiesa di bloccare la causa di beatificazione di Pio XII, e allo Yad Vashem non è ancora stata rimossa la scritta che lo diffama. Eppure è provato (si leggano i libri di Margherita Marchione) che un milione di ebrei si salvarono, in tutte le nazioni occupate dai tedeschi, grazie alle sue iniziative. A cominciare dai 5mila nascosti nei conventi, nelle case religiose della capitale e a Castelgandolfo, durante la razzia nazista nei quartieri ebraici di Roma. Suor Margherita ha dimostrato, carte alla mano, che Papa Pacelli ha contribuito a salvare circa un milione di ebrei autorizzando certificati di battesimo falsi, ordinando a conventi e monasteri di dare ricetto ai perseguitati, rispondendo (con la collaborazione primaria delle Maestre Pie di Santa Lucia Filippini, di Roma) a ben 20 milioni di lettere speditegli da persone che gli chiedevano aiuto negli anni della guerra.
Tanti ebrei, anche famosi, si sono schierati in sua difesa: Albert Einstein, Golda Meir, Martin Gilbert, Michael Tagliacozzo, Gary Krupp, Elio Toaff, William Zuckermann. Manca l’Osservatore Romano.