METROPOLITA ANTONIJ/ Quella misteriosa unità con don Giussani
Al Meeting di Rimini la mostra “Per me vivere è Cristo” è dedicata al Metropolita Antonij di Surož (1914-2003), la cui presenza ha attraversato tutto il secolo. FRANCESCO BRASCHI

“L’iniziativa di Cristo si identifica con colui che egli sceglie e afferra”: questa costante verità del cristianesimo — che tante volte don Luigi Giussani ha ripetuto — è come la cifra sintetica della mostra dal titolo “Per me vivere è Cristo”, dedicata alla figura e all’opera del Metropolita Antonij di Surož, vescovo della Chiesa Ortodossa Russa (1914-2003), la cui presenza ha attraversato tutto il secolo appena trascorso.
Certamente lui è stato scelto e afferrato da Cristo: proveniente da una famiglia di diplomatici russi sorpresi dalla Rivoluzione d’Ottobre e ritrovatisi profughi, senza possibilità di rientro in patria, compì la sua educazione a Parigi, condividendo la situazione di difficoltà e incertezza degli emigrati russi banditi e ripudiati dal nuovo potere bolscevico. Inizialmente poco incline alla pratica religiosa, a quattordici anni visse un’esperienza di incontro con Cristo che segnò definitivamente la sua vita e la sua fede, e coincise esattamente con il suo sentirsi “afferrato”. La scelta fatta su di lui si concretizzò poi attraverso la vocazione monastica (mentre esercitava la professione di medico), ma ancor più attraverso la chiamata a diventare sacerdote e a trasferirsi a Londra per curare la locale comunità ortodossa russa dell’emigrazione, arrivatagli attraverso le parole di padre Lev Gillet. Iniziava così un periodo in cui l’essere scelto “per il bene di altri” assumeva sempre più un significato totalizzante per la sua vita, fino a renderlo totalmente dedito ad una missione che aveva come metodo costante quello dell’incontro e del racconto della fede, che non assumeva mai toni astratti o puramente didascalici, ma era sempre l’apertura della propria esperienza e la disponibilità alla condivisione del proprio rapporto con Cristo.
Ma non è solo il Metropolita Antonij ad essere stato scelto e afferrato dall’iniziativa di Cristo. La mostra che viene presentata al Meeting (nel desiderio di favorire l’incontro con questa figura impressionante e insieme — paradossalmente — così viva e vicina a noi) nasce come conseguenza di altre iniziative del Mistero.
Innanzitutto quella che ha come destinatario l’ispiratore di questa mostra, il fisico e docente di filosofia ucraino Aleksandr Filonenko, già più volte presente al Meeting. Come lui stesso ci ha raccontato, quando ancora era un fisico nucleare e stava cercando qualcuno che lo aiutasse nella sua ricerca della fede, un amico gli fece sentire una cassetta con incisa una predica tenuta da Antonij durante uno dei suoi viaggi in Russia, durante l’epoca comunista. Ascoltandola, Filonenko ebbe la certezza di avere attraverso di lui la risposta che Cristo stesso dava alla sua domanda di verità e di felicità. Ma questa risposta ancora si precisò, anni dopo, attraverso l’incontro con amici cresciuti alla scuola di don Giussani, che gli fecero scoprire un’incredibile e inimmaginabile corrispondenza con il proprio cammino, con in più un fattore che si rivelerà decisivo: il fatto che don Giussani — la cui esperienza di fede è così prossima a quella del Metropolita Antonij da rendere spesso impossibile distinguere quale dei due sia l’autore di uno degli scritti che quest’ultimo ci ha lasciato — abbia generato un popolo vivo, un’esperienza di Chiesa che testimonia il permanere dell’iniziativa di Cristo.
Anche in questo incontro si è ripetuta questa iniziativa: grazie a questa corrispondenza scoperta in modo del tutto inatteso, ormai da alcuni in anni sta riaccadendo all’Est, nelle terre in cui più profondo è stato l’influsso del Metropolita Antonij, qualcosa che solo un Altro può generare: la nascita di un popolo che si rimette in movimento e che riscopre sempre più profondamente la propria fede cristiana all’interno della Chiesa Ortodossa, grazia all’incontro dell’eredità del Metropolita Antonij con il carisma vivo di don Giussani. Un carisma che nella sua totale cattolicità (nel senso più vero della parola) si rivela così radicato nell’essenzialità dell’esperienza cristiana, da essere percepito come un aiuto a credere anche da chi vive in un contesto di Chiesa con il quale ancora non ci è donato di vivere pienamente quella comunione che è invece nella volontà e nell’opera di Cristo. Ma proprio questo aspetto di “già e non ancora” è uno dei “motori” più potenti del cammino che sta accadendo ora, sotto i nostri occhi. E che attraverso la mostra — presentata e spiegata da studenti italiani, ucraini, russi e bielorussi, che da molti mesi stanno lavorando insieme e consolidando un’amicizia generata dalla fede che è essa pure documentazione dell’iniziativa di Cristo — sarà possibile incontrare come uno dei segni più potenti di quella “uscita” che Papa Francesco ci ha chiesto e che dimostra la piena vitalità del Carisma.
Non solo una mostra, quindi, ma l’invito a condividere una esperienza in atto, qualcosa che mai avremmo potuto non solo costruire, ma nemmeno lontanamente immaginarci da soli. E la cui bellezza, capace di generare certezza e speranza, vorremmo tanto condividere con tutti i partecipanti al Meeting 2015.
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