ARTE/ Le bombolette di “Ravo” Mattoni e il dono degli occhi aperti

- Sofia Boccetti

Street art? Quella di Andrea "Ravo" Mattoni è qualcosa di più: l'ambizione di trasformare le strade in museo aperto, da Caravaggio ad artisti meno noti. Ne parla SOFIA BOCCETTI

ravo_mattoni_writerR439 "Ravo" Mattoni al lavoro (Foto dal web)

Immaginate di essere alla guida della vostra auto e passando in pieno giorno sotto un cavalcavia, in una rotonda, di vedere un ragazzo che con accanto una schiera di bombolette spray sta riproducendo sul pilone la “cattura di Cristo” di Caravaggio. Al posto del cemento grigio ora c’è un’immagine di bellezza. Era l’aprile del 2016, quel ragazzo era Ravo, all’anagrafe Andrea Mattoni, e da lì sarebbe iniziata un’avventura che non sembra arrestarsi. 

L’arte il Mattoni l’aveva respirata già in casa: il padre Carlo era un artista concettuale e comportamentale, illustratore e grafico, lo zio Alberto era illustratore, il nonno Giovanni Italo un pittore e illustratore delle figurine Liebig e Lavazza. Per Andrea esordio da writer a fare graffiti sui muri, “ma mai dove non si poteva”, ci tiene a precisare lui stesso. Bocciato al liceo artistico, decide per il perito elettronico, ma quando hai l’arte dentro non riesci a metterla a tacere; e così Andrea arriva all’Accademia di Brera. Inizia quindi un percorso di tecnica con il pennello e i colori a olio e acrilici. E come molti grandi artisti del passato, dopo essersi misurato con la pittura classica, Ravo ha una tecnica matura e consapevole che può fare finalmente “sua”: riprende in mano le bombolette, ma per un fine completamente diverso da prima. Ora non è più né writer né street artist, e si definisce un pittore della bomboletta. Grazie alla disponibilità di una gamma sempre più vasta di colori spray e grazie all’utilizzo di elevatori meccanici, adesso decide di riprodurre sui muri i quadri dei grandi maestri del passato, perché dice: “è dal passato che tutto arriva”. Siamo nani sulle spalle dei giganti, si era già consapevoli nel XII secolo. 

Alla prima opera (realizzata a Varese) iniziano a seguirne altre su commissione di Comuni o aziende private. È così che nel parcheggio dell’aeroporto di Malpensa possiamo ammirare il “riposo durante la fuga in Egitto”, sempre di Caravaggio, lombardo come Ravo. Poi si sposta in Sardegna e riproduce nell’aeroporto di Olbia “la prova della vera croce” del cinquecentesco Maestro di Ozieri: non più il Merisi, ma l’opera di un pittore sardo. Qui emerge un altro aspetto dell’opera di Ravo: valorizzare autori che abbiano una correlazione con il territorio. 

Ritorna quindi Caravaggio ne “la natività con i Santi Lorenzo e Francesco di Assisi” dipinta sul muro di una piazzetta di San Lorenzo di Fitalia, nel messinese. Trafugato nel 1969 e mai più ritrovato, riproducendo questo quadro il nostro pittore della bomboletta ha voluto restituirlo alla comunità. 

La motivazione del suo operare ce la dice lui stesso: “Trasformare le strade in un museo diffuso. Perché l’arte deve essere di tutti e per tutti” e far “conoscere l’arte a costo zero”. Per questo mentre lavora non disdegna di interrompersi, scendere dall’elevatore e raccontare il quadro che sta riproducendo sul muro a chiunque si fermi a guardarlo. Così magari, chi prima ignorava i musei o non poteva andare a visitarli, inizia a incuriosirsi ai pittori dell’arte italiana. 

Non possiamo che ringraziare questo giovane artista, perché il suo tirare fuori i quadri dai musei può far avvicinare di più i giovani e i meno giovani all’arte. L’arte è capacità di percepire, di capire, di interpretare. L’occhio che guarda un’opera d’arte non è mai una cinepresa neutrale: si guarda con il cervello e con il cuore. Frequentare l’arte ci aiuta a guardare il mondo e la realtà con occhi più aperti, pieni di meraviglia. Frequentare l’arte poi induce, istintivamente e senza nemmeno che ce ne accorgiamo, a rispettare l’arte stessa tutta intera, sia figurativa che scultorea che architetturale. E questo è tanto più importante in un Paese come l’Italia, con le sue pinacoteche, i monumenti, i palazzi, le chiese.

Ravo poi ha anche un’idea chiara per il futuro: esportare la nostra arte nel mondo, far conoscere non solo agli italiani ma anche agli stranieri la ricchezza artistica del nostro Paese. E se ci pensiamo bene è l’arte che tuttora distingue l’Italia nel mondo. Non è retorica. È l’arte, l’armonia dei luoghi, i colori della terra del cielo e del mare, non i grattacieli, non il neon delle luci o i colori artificiali delle costruzioni industriali. 

Auguriamo a questo nuovo artista di poter diffondere sempre più bellezza per aiutarci a percorrere con sempre più meraviglia le strade del mondo.





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