Novembre è tradizionalmente il mese dei defunti: mese nebbioso e malinconico, in cui anche le rare giornate luminose si presentano come “l’estate fredda dei morti”, per riprendere un’espressione di Giovanni Pascoli. La parola defunto viene dal latino defunctus, che è in origine il participio passato di defungor, verbo composto da de e fungor. Per chiarire il significato originario della parola dobbiamo dunque partire da fungor, che indica fondamentalmente l’adempimento di un servizio o di un obbligo. Collegato al verbo è il sostantivo astratto functio “funzione”, un compito da svolgere, generalmente gravoso e pieno di fatica. Nel verbo derivato de-fungor il de- aggiunge l’idea di pieno e definitivo assolvimento del compito a cui si è tenuti: lo si trova in espressioni come “completare la propria attività, la battaglia, la condanna” e anche “uscire da una malattia”.
Talora il verbo viene usato con vita: defungor vita significa “completare la vita”, e da qui defungor da solo nel senso di “morire”: Filia mea modo defuncta est “mia figlia è appena morta”, dice a Gesù il capo della sinagoga (Mt. 9,18). Inizialmente defunctus mantiene il suo valore verbale (defuncta copora vita “i corpi che hanno terminato l’esistenza”, leggiamo in Virgilio), per poi diventare un sostantivo, e questo uso diventa via via più frequente negli autori cristiani e poi nella lingua italiana che riprende la parola.
Se il defunctus è l’uomo che ha terminato il carico dell’esistenza, la parola sottende una visione del mondo in cui la vita è considerata fatica o addirittura sofferenza (negli autori pagani) oppure compito impegnativo (negli autori cristiani).
Possiamo aggiungere un’osservazione. Il verbo fondamentale fungor si rifà a una radice indoeuropea la cui forma originaria viene ricostruita dai linguisti come bheug-. Questa radice si ritrova nelle lingue dell’India, dove però ha un significato molto lontano da quello latino: “possedere qualcosa, utilizzare, godere di un possesso”: gli usi linguistici portano soprattutto verso l’idea del godimento di cibi, e in sanscrito il participio bhukta, che formalmente è l’esatto equivalente di functus, indica la persona che ha usufruito di qualcosa, e in particolare ha goduto del cibo. Latino e antico indiano sono lingue che conservano spesso arcaismi molto interessanti, ma, come si vede già da questo esempio, le culture di Roma e dell’India hanno seguito strade sensibilmente diverse.
Nella concezione cristiana, tra i morti e i vivi sussiste un filo molto importante che li lega. Il defunto che sta scontando la sua pena nel Purgatorio ha bisogno della preghiera del vivo, perché questa può alleggerire e abbreviare la sua condanna (si ricordino nella Divina Commedia le anime del Purgatorio che si affollano intorno a Dante chiedendo di essere ricordate ai loro cari per ottenere le loro preghiere). Nel linguaggio della Chiesa questo aiuto spirituale che si offre alle anime dei defunti prende il nome di suffragio. La parola viene dal latino suffragium, che significa originariamente “voto”. Nella seconda parte abbiamo un termine connesso con la radice di frango “rompo, spezzo”, perché il voto veniva scritto su tessere consistenti in pezzetti di legno o di coccio poi inserite in un’urna. Il verbo suffragor significa in genere “votare favorevolmente”, mentre refragor vale “fare opposizione” (da qui l’aggettivo refractarius “uno che tende a opporsi”).
Con suffragium si indica l’azione vera e propria del voto, ma anche il diritto al voto (anche in italiano: suffragio universale, il diritto che tutti indistintamente hanno di votare nei regimi democratici), e poi la decisione conseguente al voto. In italiano suffragio ha assunto il significato di “soccorso, aiuto”, in quanto azione conseguente a una decisione positiva che viene presa. L’uso specifico di suffragio nel senso di “offerta spirituale per i defunti” appare solo più tardi, verso il XVII secolo. Per il cristiano il suffragio indica l’aiuto che i vivi applicano ai defunti (si pensi all’espressione Messa in suffragio), ma anche le grazie e gli aiuti che i santi possono rendere agli uomini, attraverso la loro intercessione. Questo secondo valore però oggi è meno diffuso.