Massimo Barra, presidente emerito della Croce Rossa, attacca la violenza criminale di chi calpesta il diritto umanitario. Tutti ne faranno le spese

Guerre sempre più crudeli vicine alla Ue. L’ordine internazionale che aveva garantito stabilità in passato si sgretola sempre più in maniera preoccupante. Nascono domande sul destino dei popoli e dei civili. Tutto ciò che un tempo sembrava contare, viene messo in crisi: diritto internazionale, diritto umanitario, diritti umani. Parliamo di questi problemi con Massimo Barra, presidente emerito della Croce Rossa italiana. Barra ha ricoperto incarichi direttivi prestigiosi nel movimento internazionale di Croce Rossa, portando avanti diverse missioni umanitarie.



Massimo Barra, lei ha speso la sua vita amando e a facendo amare con il suo carisma l’ideale umanitario della Croce Rossa. Oggi, però, i conflitti armati sono numerosi e sempre più violenti: quell’ideale è ancora attuale?

L’ideale della Croce Rossa è ancora in grado di infiammare e muovere milioni di persone. Il movimento internazionale degli uomini e delle donne di Croce Rossa è sempre vivace e attivo. L’applicazione dei principi di Croce Rossa è però sempre più difficile, perché il mondo tende a non seguire o a trasgredire i valori fondamentali della nostra comune umanità. I decisori politici ignorano o talvolta oltrepassano il diritto umanitario e i principi fondamentali della Croce Rossa. Tutto ciò diventa un danno per tutti, massimamente per gli innocenti.



Hemingway e Dos Passos, Pavel Florenskij (medaglia della Croce Rossa russa), Takashi Paolo Nagai (“il Gandhi giapponese”), persino Nietzsche hanno vissuto direttamente l’importanza dell’aiuto ai feriti nelle guerre. Nagai soccorse i feriti cinesi, ad esempio, facendo un gesto simile a quello del precursore della Croce Rossa, Ferdinando Palasciano. Si tratta di azioni di grande coraggio civile e morale. La cultura attuale è consapevole dell’importanza dell’ideale di Croce Rossa?

L’impegno coraggioso e profondamente umano degli intellettuali citati è la testimonianza viva e diretta che l’umanità ha fatto un importante processo di presa di coscienza su ciò che conta davvero. Tutto è iniziato grazie a Henry Dunant, che ha fatto fare un balzo avanti all’umanità. Dunant vide a Solferino ciò che altri non vedevano, cioè il dolore dei feriti e l’urgenza dell’aiuto. Morì povero, perché mise davanti a sé la sofferenza dell’altro e la necessità della cura. La guerra, nella sua ottica, è un male che riguarda i combattenti, non i civili. Gli innocenti, perciò, non vanno colpiti. La loro protezione è una conquista di civiltà da tutelare e difendere con fermezza. Passo dopo passo, grazie a menti illuminate, questi principi sono stati accettati anche dagli stati. Ora, purtroppo, stiamo facendo il percorso inverso. Ci vantavamo dell’umanizzazione della guerra e di essere riusciti a eliminare gli aspetti più crudi e bui dei conflitti. Stiamo tornando invece all’età precedente all’illuminazione di Dunant, in una situazione storica in cui i mezzi sono sempre più distruttivi e le decisioni sempre più disumane.



Operatori della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa sono stati uccisi in Donbass e a Gaza. Cosa sta avvenendo?

Sta succedendo che il diritto umanitario non viene più considerato. Per alcuni decisori, infatti, il diritto sembra essere diventato una mera testimonianza d’archivio e non un fatto oggettivo che obbliga le coscienze. Ma chi non rispetta il diritto umanitario è un criminale di guerra, non può essere chiamato altrimenti. Non possiamo accettare nella maniera più assoluta attacchi contro gli operatori di Croce Rossa. Gli uomini e le donne di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa non sono un bersaglio da colpire.

È proprio quello che sta avvenendo in molti teatri di guerra, purtroppo.

A Gaza City (Anza)

Per questo deploriamo con fermezza i bombardamenti contro ospedali e personale intento in azioni umanitarie. Il rispetto dei soccorritori e dei luoghi di aiuto sanitario è un obbligo morale stringente, ne va dell’umanità stessa oltre che della filosofia e dell’impalcatura del movimento di Croce Rossa. Gli uomini della Croce Rossa sono protetti dall’emblema, ben visibile a chi agisce in modo criminale. Cosa si dovrebbe fare altrimenti per garantire i soccorsi validi per tutti? Avere delle milizie a difesa della Croce Rossa? Non è questo lo spirito umanitario che ispira i nostri principi. I terribili fatti che stanno accadendo, ormai ripetutamente, sono la testimonianza di un inaccettabile degrado che diventa dannoso per tutti, massimamente per chi soffre. I principi sono assolutamente da preservare. La loro trasgressione significa il ritorno all’età delle caverne: umane e morali.

Al Qaeda e Boko Haram usavano “attacchi a doppio colpo”, il primo diretto contro l’obiettivo, il secondo contro i soccorritori. Questa tecnica è stata usata diverse volte contro gli ucraini e contro i palestinesi. Cosa rischia chi fa queste azioni?

Chi si comporta in maniera contraria al diritto umanitario, commettendo crimini – poco importa se sia una milizia armata o uno Stato – è soggetto alla Corte Penale Internazionale che giudica i colpevoli con le sanzioni del caso. Va detto che diversi Stati importanti non riconoscono la CPI. La Corte, nonostante ciò, esercita il suo ruolo di grande rilevanza giuridico-morale, costituendo un argine giusto e necessario contro i crimini di guerra.

Le nazioni europee si stanno riarmando. Potranno produrre e acquistare mine antiuomo? Ricordo la vostra campagna contro le mine, a tal proposito.

La Croce Rossa non ha potere rispetto agli Stati sovrani. Tuttavia con la sua azione umanitaria prepara il terreno per la messa al bando di armi sempre più distruttive. Tutti ricordano la campagna contro le mine antiuomo portata avanti da Lady Diana, la quale fu testimonial d’eccezione per sensibilizzare l’opinione pubblica negli anni novanta. Le mine antiuomo sono un pericoloso strumento che colpisce troppo spesso civili inermi e bambini. Da qui la presenza della Croce Rossa in diverse iniziative di sensibilizzazione perché la vita degli innocenti sia protetta.

Gaza è attualmente teatro di violenze inaudite contro gli ostaggi, fame e uccisioni indiscriminate. Qual è il suo giudizio?

Siamo di fronte a una grave regressione morale, un pericoloso salto all’indietro senza precedenti. Il rapimento di ostaggi e la loro disumanizzazione, come le violenze indiscriminate contro i civili, vanno condannati e biasimati pubblicamente. Non possiamo restare indifferenti di fronte al male. Non si può voltare la testa dall’altra parte per non vedere ciò che accade. Chi è criminale va chiamato con il suo nome.

Le previsioni sulla crisi di Gaza sono sconcertanti. Si parla di un possibile esodo forzato dei palestinesi verso la Libia. Cosa possiamo fare in concreto?

A fronte delle enormi necessità attuali, la Croce Rossa è come una molecola, è simile a un chicco di grano. Il nostro lavoro consiste nel mobilitare le coscienze, nel far vedere che il diritto umanitario sta alla base delle relazioni internazionali e umane. I nostri aiuti e i nostri soccorsi sono solo una goccia in un mare di bisogno. In questo momento tornano in mente episodi terribili e deplorevoli del passato: la deportazione degli armeni da parte dei turchi e gli spostamenti forzati di intere popolazioni fatte da Stalin. Siamo in un momento buio. L’umanità non va verso il meglio. Ciò è visibile purtroppo anche nel degrado del sistema carcerario nazionale e internazionale. Di fronte a questa notte delle coscienze e a tempi che non avremmo mai immaginato di vivere, non dobbiamo arrenderci. Mi piace ricordare, a tal proposito, una frase più volte ripetuta dai nostri amici della Croce Rossa spagnola: “Dona il tuo chicco di grano, tanto piccolo, tanto importante”.

(Vincenzo Rizzo)

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