Padre Faltas racconta dei palestinesi, soprattutto bambini, che muoiono di fame a Gaza. Il Papa intanto, inascoltato, chiede giustizia e pace
Neonati che muoiono perché le loro mamme sono malnutrite e non possono allattarli. Mentre il latte in polvere per loro è bloccato a pochi chilometri di distanza, oltre il confine. Un uomo che torna finalmente con un sacco di farina e trova il figlio deceduto perché non mangiava da giorni. Un altro, stroncato dalla debolezza e dal caldo, mentre era in fila a prendere cibo per la moglie malata.
Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, racconta come si muore oggi a Gaza, dove neanche il bombardamento alla parrocchia Sacra Famiglia ha indotto gli israeliani a dare il via libera all’arrivo di aiuti per i fedeli cattolici e per le famiglie musulmane aiutate dalla comunità cristiana. Anche in Cisgiordania continuano gli attacchi dei coloni ai centri abitati palestinesi, compreso Taybeh, ultimo villaggio interamente cristiano. Tutto questo senza che la comunità internazionale abbia la forza di far rispettare il diritto, in un luogo dove i palestinesi avrebbero diritto ad avere un loro Stato.
Secondo l’Osservatorio della fame a Gaza si sta verificando il peggior scenario di carestia. I dati più recenti parlano di 147 morti per fame (più altri 24 nelle ultime 24 ore), di cui 88 bambini: come si è giunti a questa “strage degli innocenti”?
Non posso conoscere i motivi di una tale catastrofe e come si poteva evitare. Conosco i numeri così alti e le storie tragiche di tante persone. Lo scenario è drammatico perché avviene in diretta e non possiamo fare nulla per cambiarlo. Ho sentito un operatore sanitario che mi ha descritto come muoiono di fame gli adulti e i bambini a Gaza, come muoiono i neonati a cui manca il latte materno perché anche le mamme sono malnutrite, e manca il latte artificiale perché è fermo a pochi chilometri dal confine. Un padre è tornato a casa con un sacco di farina e ha trovato suo figlio senza vita perché non mangiava da giorni. Un anziano è morto di fame e di caldo mentre era in fila in attesa di cibo da portare alla moglie ammalata. È una vera e continua “strage degli innocenti”, una macchia indelebile sulla storia dell’umanità.
I camion che sono entrati nella Striscia sono stati presi d’assalto dalla gente affamata e anche per i pacchi lanciati dal cielo la gente si affolla rischiando incidenti. Non c’è dignità neanche nella distribuzione dei beni?
Sono entrati i camion, ma dicono che gli aiuti sono insufficienti. L’assalto può essere giustificato dall’urgenza di sfamare la propria famiglia, i pacchi lanciati dal cielo sono stati un’iniziativa giordana per cercare di aiutare chi sta morendo a pochi chilometri e non può fare altro. La dignità in questi casi prevede il rispetto della vita. A Gaza sta mancando il rispetto dei diritti umani essenziali. La distribuzione degli aiuti dovrebbe essere organizzata in modo sistematico e continuo, con il controllo degli organismi internazionali, per dare un aiuto vero e dignitoso a una popolazione stremata.
Dopo il bombardamento della parrocchia della Sacra Famiglia Israele ha permesso ai patriarchi e ai capi delle comunità cristiane di entrare a Gaza. Da allora sono arrivati aiuti alla chiesa di padre Romanelli? Come stanno adesso i fedeli che sono radunati lì?
Il cardinale Pizzaballa, Patriarca latino, e il Patriarca greco-ortodosso, Teofilo III, sono riusciti ad arrivare a Gaza già il giorno seguente all’attacco alla parrocchia della Sacra Famiglia. Sono riusciti a portare aiuti, ma non è stato concesso il permesso di fare entrare gran parte degli aiuti destinati ai cristiani radunati nella parrocchia e alle numerose famiglie musulmane che hanno sempre ricevuto aiuto dai parroci cristiani. Dopo l’ultimo attacco, è aumentata la paura per questa comunità di seicento persone che ha perso altre tre persone. Sono una grande famiglia, che soffre e che prega. Sono confortati e assistiti generosamente dai sacerdoti e dalle suore, ma hanno necessità di beni essenziali, di medicinali per gli ammalati e di attrezzature sanitarie per i disabili. Parlo spesso con il parroco, padre Romanelli, e con il vice parroco, padre Yousef: hanno una fede profonda, sono molto legati ai fedeli e li curano con grande affetto e disponibilità.
Con che stato d’animo i palestinesi affrontano questa situazione così straziante?
La gente di Gaza è stremata, sta cercando di sopravvivere e non vuole lasciare la propria terra. Alcuni amici mi hanno raccontato dei notevoli disagi e delle sofferenze che continuano da ventidue mesi. Mi colpiscono in modo particolare i traumi dei bambini. Un padre mi ha raccontato che suo figlio non sorride più e non lo lascia mai. Mi hanno detto che i bambini non riescono a dormire e neanche a giocare. Molti sono rimasti orfani e accudiscono i fratellini più piccoli. È disumano non consentire di far entrare aiuti umanitari e sostegno a tanti bambini innocenti e senza colpa.
I capi delle comunità cristiane sono andati tempo fa a Taybeh, unico villaggio interamente cristiano in Cisgiordania. Una visita che non è servita ad allontanare i coloni israeliani che sono tornati. Le autorità israeliane parlano di danni alla proprietà, ma i patriarchi denunciano un contesto sistematico di intimidazioni e abusi. La Cisgiordania rischia ormai di essere evacuata?
Questa grave situazione dura da troppo tempo e accade perché non c’è controllo da parte di organismi internazionali che mettano in atto leggi già esistenti. Il riconoscimento dello Stato palestinese, con confini ben definiti, è diventato urgente per porre fine a una situazione sempre più difficile. Cisgiordania e Gaza sono la terra di un popolo che ha diritto di vivere in sicurezza e senza limitazioni. L’esodo involontario ma necessario dei cristiani palestinesi è una delle conseguenze di questa situazione che causa anche la mancanza di lavoro. Il Santo Padre, con i suoi continui appelli, chiede pace, verità e giustizia per la Terra Santa e per chi la abita. Preghiamo perché i potenti della terra ascoltino la Sua preghiera!
(Paolo Rossetti)
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