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Home » Economia e Finanza » Economia UE » Economia Germania » DALLA GERMANIA/ I dazi sull’auto elettrica cinese fanno tremare i produttori tedeschi

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DALLA GERMANIA/ I dazi sull’auto elettrica cinese fanno tremare i produttori tedeschi

Alessandro Fontana
Pubblicato 12 Maggio 2024
auto

Un operaio in uno stabilimento Bmw (Ansa)

In Germania si temono i dazi che l'Ue potrebbe sulle auto elettriche cinesi. Gli stessi produttori tedeschi non vogliono misure protezionistiche

STOCCARDA – Il ministro dell’economia Robert Habeck è stato intervistato nel salotto di Markus Lanz su ZDF. Nel corso dell’intervista, con sguardo depresso, Habeck ha ricordato come l’Ue stia valutando di iniziare un procedimento per concorrenza sleale contro le aziende automobilistiche cinesi (che riceverebbero massicci sussidi statali). Se il procedimento porterà a un’inasprimento dei dazi sulle importazioni dalla Cina, ci sarebbero poi ritorsioni da parte di quest’ultima. Il 50% della crescita tedesca dipende dal commercio, più che in qualsiasi altro Paese: la Germania ha quindi molto da perdere. Inoltre, se la l’Ue introduce dazi contro Cina, ci possiamo scordare la “Energiewende” (svolta energetica), perché tutte le tecnologie necessarie arrivano ormai dall’estremo Oriente.


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Secondo Lanz, la Germania sta perdendo il treno della e-mobility, in un settore (automotive) in cui fino a poco tempo fa rappresentava l’eccellenza mondiale. L’industria tedesca, questa l’opinione di Habeck, ha aspettato troppo, scommettendo sull’auto elettrica soprattutto nel segmento premium. I produttori cinesi hanno invece puntato sui segmenti più di massa, sui quali l’industria tedesca non ha molti modelli in offerta. Secondo l’imprenditrice Marie-Christine Ostermann, la Germania dovrebbe riuscire a produrre modelli elettrici a costi competitivi. Più facile a dirsi che a farsi: la Cina dispone di una supply chain altamente ottimizzata e di una sovracapacità produttiva in grado di servire il mercato mondiale.


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Anche l’amministratore delegato di BMW Oliver Zipse mette in guardia sui rischi derivanti dall’introduzioni di dazi sulle auto provenienti dalla Cina. Presentando i risultati trimestrali, ha ammonito che se le tariffe antidumping venissero effettivamente attuate, i danni per l’industria tedesca sarebbero maggiori dei benefici. “Considerando che più della metà delle importazioni cinesi in Europa provengono da produttori non cinesi, vale a dire produttori tedeschi, è facile rendersi conto che rischiamo di darci la zappa sui piedi”, dice Zipse.

E, tuttavia, seguire l’industria cinese sul sentiero dell’elettromobilità sembra possibile solo se si è disposti a perdere soldi. Forse non è un caso che mentre la quota di elettrico sul totale è in aumento per BMW, il margine operativo è in discesa. E non si tratta di un fenomeno soltanto europeo. La divisione veicoli elettrici di Ford ha riferito che nel primo trimestre 2024 le perdite sono salite a 1,3 miliardi di dollari, ovvero 132.000 dollari per ciascuno dei 10.000 veicoli venduti nei primi tre mesi dell’anno, contribuendo a ridurre gli utili complessivi dell’azienda. Le perdite sarebbero ascrivibili non solo ai costi di produzione, ma dipenderebbero anche dagli ingenti investimenti in R&D, il cui ritorno è ancora lontano nel tempo.


DALLA GERMANIA I segnali di ripresa economica in attesa degli investimenti promessi da Merz


Nonostante la dimensione ciclopica della sfida all’orizzonte, Zipse ribadisce che l’industria automotive europea non ha bisogno di protezionismo. BMW e gli altri produttori di automobili dipendono dalla Cina non solo perché la Repubblica popolare è oggi per molti il ​​mercato unico più importante, ma anche per le materie prime necessarie. “Non c’è una sola automobile nell’Ue che non abbia componenti provenienti dalla Cina”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Hildegard Müller, presidente della Vda (Verband der automobilindustrie, l’associazione dell’industria automotive tedesca). Secondo Müller, la risposta migliore consiste nel migliorare la competitività dell’economia tedesca, investendo in R&D e smantellando la burocrazia.

Nel frattempo l’antipolitica sta prendendo una brutta piega in Germania. Recentemente, la senatrice del Bundesland di Berlino Franziska Giffey (Spd) è rimasta ferita durante un’aggressione nel quartiere di Rudow. Martedì 7 maggio un uomo ha improvvisamente aggredito Giffey in una biblioteca, colpendola alla testa e al collo da dietro, con una borsa contenente un oggetto contundente. Dopo l’attacco, la senatrice “si è recata brevemente in ospedale per il trattamento ambulatoriale di mal di testa e dolori al collo”, hanno riferito in una nota le autorità.

Non si tratta di un episodio isolato. Anche un politico dei Verdi, il cui nome non è stato reso noto, è stato recentemente vittima di un attacco a Dresda. Venerdì 3 maggio Matthias Ecke, candidato Spd alle elezioni europee prossime venture, è stato picchiato e gravemente ferito mentre faceva campagna elettorale in quel di Dresda. La polizia ha arrestato quattro giovani fra i 17 e i 18 anni, alcuni dei quali avrebbero legami con ambienti di estrema destra.

Cosa sta succedendo? Ancora una volta è Markus Lanz a fornirci una chiave interpretativa. Secondo il politico AfD Rüdiger Lucassen, ospite di Lanz, il motivo alla base delle aggressioni è rappresentato da una sfiducia generalizzata verso la classe politica, che non sembra in grado di proporre una strategia credibile per fronteggiare le varie crisi economiche incombenti. I partiti di governo sono naturalmente più esposti (i Verdi sono i politici più aggrediti), ma anche l’opposizione non è al sicuro. Lo stesso Lucassen ricorda di essere stato oggetto di attacchi verbali (con riferimenti al nazismo: “Nazi raus”) e anche fisici.

Che fare dunque? La soluzione migliore è rappresentata dal ritorno alla crescita, evento che potrebbe non essere lontano: l’indice IFO sulla fiducia delle imprese è salito a 89,4 punti in aprile, rispetto agli 87,9 punti di marzo. Mala tempora currunt, per aspera ad astra…

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