Le reazioni sull'accordo dei dazi USA-UE, dalla Francia all'Italia, con Germania e Ungheria: i punti "oscuri" e le "promesse" di Von der Leyen
LE REAZIONI IN EUROPA DOPO L’ACCORDO SUI DAZI: MELONI E MERZ “COMPRENDONO”, FRANCIA ATTACCA. E ORBAN…
Se in Italia la reazione ai dazi USA-UE accordati sul 15% è stata molto prevedibile – con il Governo che reputa positivo l’aver scongiurato la guerra commerciale e le opposizioni che invece parlano di «resa a Trump» – a livello europeo le reazioni all’accordo siglato ieri in Scozia sono molteplici e svariate, riflettendo le attuali divisioni presenti nel’Unione Europea. Al di là del fatto che finché non vi sarà un testo giuridico, l’accordo sui dazi al 15% può essere modificato e migliorato, da Bruxelles e Washington continuano le “veline” di spiegazione di quale scenario si aprirà da agosto 2025 sulle rotte commerciali presenti.
Non vi è infatti nessuna tassa sulle reti digitali (come ha ottenuto Trump), così come le promesse di investimenti sulle aziende americane resta un dato ancora tutto da chiarire: ad un automotive che tira sospiro di sollievo per le tariffe tra lo 0 e il 2,5%, si contrappone l’area dell’agroalimentare e – ancora peggio – per acciaio e alluminio, dove i dazi peseranno e non poco sull’economia europea.
Secondo il Governo Bayrou in Francia tali risultati sono pessimi, contestando così apertamente l’esito delle trattative condotte dalla Presidente Von der Leyen assieme al commissario Sefcovic: «È un giorno buio» quello di oggi, spiega il Premier macroniano al centro del caos politico per la mancanza di sostegno in Parlamento, in quanto l’Europa «si rassegna alla sottomissione» degli Stati Uniti.
Molto meno netto anche se non nasconde la delusione sulle tariffe al 15% è il Cancelliere tedesco Merz: dopo aver riconosciuto l’impossibilità di fare meglio, con un’accordo che risulta meglio di una guerra ad ampio raggio sul commercio UE-USA, il Governo di Germania ritiene vi siano molti problemi all’orizzonte per la tenuta economica europea, «subiremo un danno considerevole per questi dazi». Merz è poi convinto che saranno anche gli USA di Trump a patire alla lunga uno scenario economico come quello che andrà a crearsi con i vari dazi differenziati tra i Paesi, «avranno impatto su inflazione più alta e commercio transatlantico».
Diametralmente opposto il giudizio del leader ungherese Viktor Orban, il quale osserva il dato quasi “sarcastico” della vicenda, avendo già contestato l’approccio di fronte aperto contro gli Stati Uniti: «Trump si è mangiato la Presidente della Commissione per colazione». I negoziatori UE, aggiunge il Presidente tra i leader principali dei Patrioti in Europa, hanno fatto un lavoro peggiore del Regno Unito che ha invece ottenuto dazi al 10%. Dall’Italia le reazioni principali del Governo sono note da stamane, con la Premier Meloni che però dall’Etiopia parla di migliorare sensibilmente l’accordo, arrivano a definire i punti chiave con gli USA e «rimuovendo le regole burocratiche» auto “inflittesi” dall’Europa e su cui «c’è ancora da battersi».
È UN CASO LA PROMESSA UE DI INVESTIRE 600 MILIARDI NELLE AZIENDE USA
Gli stessi mercati finanziari oggi si sono “divisi” con un’altalena complessiva che variava tra il successo per aver scongiurato la guerra commerciale a tariffe più alte, e lo scetticismo per una crepita europea che peserà non poco al ribasso dopo l’accordo sul 15% dei dazi: a rappresentare poi un tema non da poco che ancora non è stato chiarito al 100% è la promessa, garantita da Von der Leyen nelle dichiarazioni con Trump, su investimenti specifici sui 600 miliardi di dollari da destinare alle aziende americane e in generale sull’economia industriale e commerciale degli Stati Uniti.

Ebbene, secondo quanto riferito dalle voci dirette dall’UE del quotidiano “Politico”, la promessa fatta da Von der Leyen è di assai difficile mantenimento: «Non è qualcosa che l’UE, in quanto autorità pubblica, può garantire», si basa semmai «sulle intenzioni delle aziende private». Lo stesso vale sui 750 miliardi di acquisti per energia e difesa, anche qui l’accordo prevede un impegno e un calcolo di stima per gli investimenti che potranno compiere le singole aziende europee.
Bruxelles, sottolineano i funzionari della Commissione UE, promette di “introdurre” incentivi per poter garantire l’investimento del settore privato fino ai 600 miliardi di dollari, ma al momento «non hanno fornito una tempistica precisa per l’investimento». Quella cifra proviene dunque da calcoli fatti da aziende e imprenditori, ma occorrerà verificare l’intero piano per capire se realmente si potrà giungere a tale obiettivo.
Due i problemi immediati all’orizzonte: in primis gli USA ritengono che i 600 miliardi dovranno essere investimenti diretti dell’Unione Europea, a cui vanno aggiunti i 100 delle aziende europee, in secondo luogo, il fatto che la cifra arriverà da imprese private e non dai cittadini UE, ma è in contrasto con quanto promesso da Trump con il Giappone dove si è scelto di mobilitare «550 miliardi di dollari di investimenti pubblici e privati negli Stati Uniti,». Come a dire, tanto lato UE quanto sugli USA, l’accordo sui dazi è lungi da essere definito e chiarito al 100%…
