La miniserie "Death by Lightning", disponibile su Netflix, ha un ottimo cast e, anche se ambientata nell'Ottocento, parla del presente
Death by Lightning, apparsa su Netflix qualche settima fa un po’ in sordina ma che ha poi ricevuto una grande accoglienza, racconta la storia della breve presidenza di James A. Garfield e dell’ossessione che porterà Charles Guiteau a compiere un gesto irreparabile. È una miniserie politica densa, che usa la storia per parlare molto chiaramente del presente, e lo fa attraverso due interpretazioni davvero notevoli.
Nel ruolo del Presidente Garfield troviamo infatti Michael Shannon, attore solido che negli anni ha costruito una carriera fatta di ruoli importanti. Basti ricordare Revolutionary Road, The Shape of Water e Nocturnal Animals, tre interpretazioni diversissime che lo hanno reso uno dei volti più noti del cinema americano.
Qui mette in gioco una recitazione per forza di cose più trattenuta, ma che, con lo sviluppo della storia, diventa profondissima: uno sguardo che pesa le parole, la postura di chi è consapevole del proprio ruolo pubblico, la vulnerabilità che affiora nei momenti più privati. È un Garfield umano, riformista, un vero spirito moralizzatore, attraversato da un senso della responsabilità che sembra attualissimo.
Di fronte a lui c’è Matthew Macfadyen, che ormai ha una reputazione costruita su performance di altissimo livello. Dal Mr. Darcy di Pride & Prejudice al glaciale Tom Wambsgans di Succession, passando per Anna Karenina, Macfadyen ha sempre dato prova di essere in grado di dare anima a personaggi tutto sommato deboli. Nella miniserie Death by Lightning si spinge però in un territorio diverso: Guiteau è squilibrato, teatrale, quasi grottesco, ma anche tragico. Macfadyen riesce a mantenere in equilibrio tutte queste sfumature, trasformando l’assassino in un personaggio disturbante, patetico e pericoloso allo stesso tempo.

Accanto a loro in Death by Lightning si muove un cast di grande livello, e tra questi spicca Bradley Whitford, che porta nel racconto un’energia sottile, fatta di ironia amara e disincanto politico. È nei panni del senatore Blaine, l’uomo che con una mossa a sorpresa sblocca l’impasse politico in cui è finita la Convention repubblicana del 1880, spostando i suoi consensi sullo schivo eroe della guerra di secessione.
Non è un caso se, nella sua carriera, abbia spesso interpretato personaggi immersi fino al collo nelle tensioni del potere. Celebre per The West Wing, The Handmaid’s Tale e Get Out, lo abbiamo visto di recente all’opera in The Diplomat.
In Death by Lightning sembra quasi commentare il sistema stesso in cui si muove, con quella sua battuta che suona come una sintesi perfetta della serie: «Il potere non corrompe all’improvviso. Corrode piano, e nessuno se ne accorge finché non è troppo tardi».
E proprio questa frase cattura il senso profondo di Death by Lightning. La miniserie non punta solo sul fascino del passato, ma sulle ricadute politiche della storia nel presente: la corruzione sistemica, le ambizioni personali che travolgono la realtà, l’assenza di ogni reazione di fronte ai conflitti d’interesse, rivela l’incapacità delle istituzioni di vedere ciò che si sta sgretolando dall’interno.
Garfield cerca di sottrarre la politica all’influenza dei “boss” legati al business del porto di New York (all’epoca rappresentava il 75% delle entrate dell’Unione) e dei favoritismi, mentre Guiteau è il prodotto distorto dello stesso sistema che Garfield tenta di riformare. In mezzo, un Paese sospeso tra idealismo e decadenza.
Il ritmo di Death by Lightning è teso ma non è un thriller, la regia lascia spazio agli attori, e la ricostruzione storica aiuta il racconto senza sovrastarlo. Il risultato è una miniserie che non si limita a evocare un episodio dell’Ottocento, ma interroga la fragilità del potere in qualsiasi epoca. Quando la storia diventa così contemporanea, significa che chi l’ha raccontata ha colto nel segno.
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