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Home » Economia e Finanza » Decreto Rilancio: “Truffe per 6 miliardi”/ Poste e CdP chiedono rimborsi allo Stato

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Decreto Rilancio: “Truffe per 6 miliardi”/ Poste e CdP chiedono rimborsi allo Stato

Lorenzo Drigo
Pubblicato 17 Ottobre 2022
Truffe nel Decreto Rilancio 2020: generati crediti illegittimi per 6 miliardi di euro (Pixabay)

Truffe nel Decreto Rilancio 2020: generati crediti illegittimi per 6 miliardi di euro (Pixabay)

Truffe sul Decreto Rilancio 2020: generati oltre 6 miliardi di euro di crediti d'imposta maggiorati, Poste e Cassa Depositi e Prestiti chiedono alle Stato di rimborsarli

Decreto Rilancio: “Truffe per 6 miliardi di credito d’imposta”


Milena Gabanelli in un suo articolo per il Corriere della Sera ha lanciato un preoccupante allarme in merito alle truffe relative al Decreto Rilancio, che ammonterebbero a circa 6 miliari di euro, rimessi dallo stato per finanziare, in moltissimi casi, lavori di rifacimento inesistenti o sovrastimati. 6 miliardi, inoltre, sarebbero solamente relativi ai crediti fiscali illegittimi, mentre se si vanno a considerare anche le truffe sulle fatture gonfiate si parla di altri 10 miliardi.

Il Decreto Rilancio è stato approvato nel e prevedeva sconti relativi agli affitti non residenziali, al bonus facciata e al bonus sisma per rilanciare l’economia dopo l’emergenza coronavirus. Il decreto prevedeva un credito d’imposta pari al 60% dei canoni di locazione per gli immobili commerciali ed una cifra compresa tra l’80 e il 90% per i lavori di rifacimento facciata e di adeguamento sismico. Il meccanismo della truffa relativa al Decreto Rilancio, però, sarebbe scattato grazie (o a causa) della postilla che permette di girare ad un numero infinito di soggetti il credito d’imposta, detraibile dalle tasse.


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Come funzionano le truffe sul Decreto Rilancio


Il Decreto Rilancio, occorre sottolinearlo, anche se ha generate truffe per oltre 6 miliardi di euro, serviva a far ripartire l’economia in un periodo di stallo dovuto alla pandemia. Già in occasione della sua approvazione, il 9 luglio 2020, la Ragioneria dello Stato aveva avvertito che permettere infinite cessioni del credito d’imposta avrebbe potuto creare un’economia parallela e fittizia, circostanza sottolineata anche dall’Agenzia delle Entrate. Si decise, però, a quanto sottolinea Gabanelli nel suo articolo, di procedere solamente ad una verifica successiva, in caso di necessità.


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Il meccanismo delle truffe sul Decreto Rilancio è piuttosto semplice. Si parte da due aziende, spesso intestate agli stessi soggetti o a presta nome, che emettono l’una sull’altra fatture per affitti o lavori inclusi nel decreto, ed entrambe maturano credito d’imposta. A questo punto, lo stesso credito maturato (che potrebbe andare a detrarre le tasse, oppure essere ceduto ad altri soggetti) viene spacchettato, maggiorato illegittimamente e ceduto ad altri soggetti. Questi ultimi, che Gabanelli dice essere in larga parte nullatenenti, in modo che la legge non possa rivalersi su di loro, vendono il credito alle Poste o alla Cassa Depositi e Prestiti, maturando un guadagno che viene immediatamente depositato in un paradiso fiscale.

Decreto Rilancio: chi paga per le truffe?


Insomma, grazie alla possibilità di cedere il credito d’imposta relativo ad affitti e lavori di rifacimento facciate o adeguamento sismico, si è generato un sottobosco economico di truffe relative al Decreto Rilancio. La domanda che si pone Gabanelli nel suo articolo è chiara, si poteva evitare? E la risposta è scontata, ovviamente si. L’ha fatto Mario Draghi a novembre del 2021, imponendo all’Agenzia delle Entrate un controllo sulla cessione dei crediti, limitandoli anche a 4 passaggi massimi. Questo ha aiutato, nel 2022, a sventare tentativi di truffa per 2 miliardi di euro.

Una soluzione necessaria, che sicuramente sarebbe dovuta arrivare prima per limitare le truffe sul Decreto Rilancio, ma che sta ottenendo dei buoni risultati. E nel frattempo, Poste e CdP che hanno acquistato crediti d’imposta truffaldini, agendo in buona fede, chiedono allo Stato dei rimborsi per le tasse che non potranno compensare. E, seppur lo Stato non voglia pagare e si è aperto un iter legale in merito, comunque vada a finire, conclude Gabanelli, sarà lo Stato stesso a rimetterci, controllando al 60% Poste Italiane e al 83% CdP.


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